Il titolo avrebbe potuto essere: RANDAGI ITALIANI, MERCE PER ORGANIZZAZIONI ANIMALISTE TEDESCHE CON LICENZA DI COMMERCIO DI CANI E GATTI.
Mi ricorda la storia del termine non vedente al posto della parola cieco, fà bello ma la sostanza è che non vede. Non amo i termini che vorrebbero abbellire o rendere meno tragica la realtà, li trovo volgari, forse perchè cerco la soluzione del problema accettandolo per quello che è, e la crudezza e semplicità delle parole, aiuta. Aiuta a non perdersi, ad evitare dubbi, aiuta a non illudersi sull'orrore che le persone possono praticare.
Considero per questo assurdo ed irrispettoso dei fatti il titolo "bello" usando i termini "organizzazione animalista" e ne dico il motivo. In Italia non esiste che un'associazione animalista abbia la licenza di commercio per cani e gatti perchè in tal caso sarebbe non un'associazione animalista, ma un commerciante di animali.
Dato che siamo in Italia, vigono le nostre leggi ed in base a queste dobbiamo valutare le situazioni in cui si fà commercio dei nostri randagi. Per queste chi ha licenza di commercio e produce un utile dalla vendita di randagi, è a tutti gli effetti un COMMERCIANTE DI ANIMALI, quindi: RANDAGI ITALIANI, MERCE PER COMMERCIANTI TEDESCHI.
Per maggiore chiarezza della sentenza che tradotta, pubblico,riprendo parte di un articolo precedente sul tema:
Sul tema molto discusso della protezione animale effettuata all'estero e del problema delle importazioni di massa degli animali dagli altri paesi europei attraverso le organizzazioni animaliste, alla base ci si pone una domanda giuridica: queste importazioni sono da considerare commercio o no? Poichè allo status di commercio sono collegati una miriade di altri aspetti che sarebbero utili per un miglior controllo dei trasporti stessi. Tre importanti sentenze delle ultime settimane confermano quanto gli osservatori sostengono da lungo tempo: le associazioni animaliste che importano animali, fanno commercio.
Tribunale di Schleswig: Animalisti e ed osservatori critici della protezione animale, hanno atteso a lungo la sentenza. Nel marzo 2010 una grande organizzazione animalista, (il denunciante) aveva presentato una denuncia presso la procura di Schleswig. Il 17 agosto 2011 c'è stata la sentenza. Il denunciante affermava che la sua attività non rientrava nè nella direttiva 1/2005 ( condizioni di trasporto) nè era applicabile il paragrafo 4 della direttiva EU sulle zoonosi e che questa attività non era neppure soggetta a licenza ai sensi dell'articolo 11 comma 1 frase 1, numero 3b sulla Protezione Animali Tedesca . La denuncia è stata archiviata. I querelanti devono pagare le spese.
E' commercio indipendentemente dal profitto: In tutte le discussione relative allo status di commercio, gli animalisti hanno sempre usato la scusa che la loro attività non produce reddito per giustificare la tesi che non è praticata a scopo di lucro. Il tribunale di Schleswig però dissocia l'elemento del guadagno da quello di commercio. Valuta quindi separatamente lo status di commercio applicandolo alla protezione animale e conferma tale attività come commerciale anche quando non sussiste guadagno : " è necessario ma anche sufficiente che sussista un'attività autonoma duratura e pianificata, requisiti questi caratteristici ed importanti della protezione animale, per la cui attività viene richiesto un compenso eccessivo " in diversi punti della sentenza è fatto riferimento alle finalità commerciali degli animalisti.
Animalisti che importano animali sono considerati appartenenti alla stessa categoria dei commercianti di cani e degli allevatori.."l'accusante è in concorrenza in questo modo, attraverso la cessione previo pagamento dei cani, con altre organizzazioni animaliste così come con allevatori e commercianti (...)"
Nuove opportunità: Sin'ora non si riesce ancora a valutare completamente l'importanza di questa sentenza contro cui l'accusante può fare ricorso. Dopo questa sentenza non ancora esecutiva, tutte le importazioni di animali fatte da organizzazioni animaliste sono da considerare vera attività commerciale per cui sono da applicare (sono soggette) sia al paragrafo 4 della legge sulle zoonosi, sia alla direttiva EU 1/5 sul commercio. Queste importazioni commerciali con animali devono avere la licenza secondo il parag. 11 della legge sulla protezione animali tedesca. In particolar modo per la validità della direttiva sulle zoonosi nelle EU c'è un'altro criterio importante da rispettare e che renderebbe felici le richieste fatte da anni da parte di chi critica gli animalisti: il parag. 5 della legge sulle zoonosi impone la tenuta di un registro sugli animali importati e la loro destinazione. Nel registro devono essere indicati il giorno della cessione degli animali e il nome e l'indirizzo del ricevente. Questa documentazione che è la prova della reale destinazione degli animali, deve essere presentata su richiesta alle autorità di competenza(asl veterinaria).In questo modo le autorità potrebbero esercitare un controllo e chiarire i dubbi di molte persone attente al destino degli animali importati dall'estero sul fatto che un numero elevato di questi sia destinato ai laboratori di vivisezione. Molti di coloro che criticano la protezione animali tedesca dedita all'importazione di animali d'affezione, ritengono che l'obbligo della tenuta del registro delle presenze, sia il vero motivo per cui la protezione animale ha cercato con tanta insistenza di non far adottare la legge sulla protezione dalle zoonosi.
Chiarimenti importanti: la sentenza di circa 20 pagine è una miniera di fatti con le relative valutazioni legali. Tra questi c'è anche la valutazione della cosiddetta tassa protezione animali, per cui chi prende un cane arrivato dall'estero, deve pagare all'organizzazione animalista senza però avere i diritti della proprietà dell'animale. L'associazione animalista denunciante menziona il procedimento di Schleswig "gli incassi della tassa della protezione animale (...) servono di (..) in parte a permettere l'attività dell'associazione in altri ambiti e non solo a coprire le spese per l'animale portato in Germania, cosa comprensibile, e che giustifica l'importo della tassa." Nel caso in questione si tratta di 270 euro. A differenza di ciò che dicono molti animalisti qui è dimostrato che con una tassa per la protezione animale di 270 euro, c'è comunque la finalità del guadagno. Quest'aspetto è importante nella valutazione del lavoro della "protezione animale" cioè di quelle organizzazioni che strutturano altre attività e progetti solo sull'importazione di animali.
LA SENTENZA
La pubblico perchè possa essere di ulteriore chiarimento al fatto che le organizzazioni animaliste tedesche praticano con la vendita dei nostri randagi, COMMERCIO. I nostri animali NON POSSONO ESSERE OGGETTO DI ATTIVITA' COMMERCIALE e dato che si parla di randagi, ovvero di animali tutelati, mantenuti ed accuditi con denaro pubblico, quali reati implica questa situazione? Che si possa forse parlare anche di truffa oltre che di traffici di animali?
Invito ad una particolare attenzione al tema del REGISTRO suddetto, che richiede NOME E INDIRIZZO DEL RICEVENTE, cioè indica a chi il commerciante ha venduto gli animali deportati. Tutti i traffici di randagi si basano sulla negazione di questi dati. Noi mafiosi, maltrattatori italiani, dobbiamo essere contenti di qualche foto, il resto è privacy. Naturalmente tutto coi nostri soldi, a noi le spese, a loro, "organizzazioni animaliste con licenza di commercio di vertebrati"(sic!), gli utili e soprattutto la volontà sempre tristemente confermata, che nessuna trasparenza sia dovuta.
Mi auguro che questa sentenza sia allegata a molte denunce per traffico di randagi italiani che, incredibile ma vero, NON SONO MERCE.
Nella sentenza che segue, ricorrente è l'associazione, convenuta è l'organo che rappresenta la legge, che chiede conto.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DELLO SCHLESWIG-HOLSTEIN
Parti in causa rese anonime [N.d.T.]
Oggetto della causa: legge sulla protezione degli animali
La 1a sezione del Tribunale amministrativo dello Schleswig-Holstein, nell’udienza verbale del 17 agosto 2011 ha deciso di:
respingere il ricorso.
[omissis]
È concesso appello.
Esposizione dei fatti
La ricorrente afferma che alla propria attività non è applicabile il regolamento (CE) n. 1/2005 e § 4 della legge sulla protezione dalle epidemie animali nel mercato interno (BmTierSSchV) e che la propria attività non è soggetta ad autorizzazione ai sensi dell'§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG.
La ricorrente è un’associazione no-profit registrata con sede nello Schleswig-Holstein. Oggetto dell’associazione, secondo l’§ 2 n. dello statuto, è promuovere il benessere degli animali e agire per la loro protezione. L’§ 3 dello statuto della ricorrente stabilisce: “L’associazione persegue esclusivamente scopi umanitari […]. L’associazione opera a titolo di volontariato. Non persegue scopi commerciali. I beni dell'associazione possono essere usati solo per perseguire quanto stabilito nello statuto. È vietato retribuire persone per attività non rientranti nello statuto o elargire retribuzioni elevate".
L’associazione raccoglie cani da associazioni animaliste, organizzazioni per la protezione degli animali o persone attive nella protezione degli animali dall’estero europeo (in particolare dall’Ungheria) e li distribuisce a centri di accoglienza o proprietari di cani in Germania. Il campo di attività della ricorrente si estende anche al garantire cure veterinarie sufficienti per gli animali raccolti, quali vaccinazioni, raccolta e alimentazione di randagi, trasporto e supporto degli accompagnatori durante i viaggi. L'associazione è supportata dai contributi dei soci e da donazioni. Per la consegna di cani, dal 2007, è stata introdotta una richiesta di euro 250,00.; attualmente tale contributo è di circa euro 270,00 laddove, per i cani difficilmente collocabili, questo contributo viene annullato o ridotto, secondo il caso. La ricorrente stipula contratti di tutela per cane consegnato che conferiscono un diritto di affidamento ma non di proprietà. I cani vengono consegnati ai nuovi proprietari mediante trasporti collettivi ai vari luoghi di residenza. Secondo quanto indicato sul sito internet della ricorrente, il numero di cani consegnati al 16 agosto 2011 è stato di 1617 cani, mentre quelli ancora da affidare sono 484 cani.
Il 7 gennaio 2009, la convenuta ha scritto circolare alle autorità veterinarie della circoscrizione e delle città dello Schleswig-Holstein segnalando che la raccolta autorizzata / importazione di animali domestici in Germania non rientra nelle condizioni facilitate del regolamento (CE) n. 998/2003 ma nelle regolamentazioni più rigide delle norme sul COMMERCIO DI ANIMALI
Le norme facilitate possono essere applicate solo ad animali di provenienza nota con stato di salute noto e solo alle persone fisiche. Inoltre, è da applicare l’obbligo di segnalazione e di registrazione ai sensi dell’§ 4 B,TierSchV. Il trasporto di cuccioli non vaccinati dai paesi UE è ammesso solo nell'ambito di viaggi turistici mentre, dati gli scopi indicati, è concesso solo il trasporto di cani con antirabbica valida. Nei trasporti collettivi della ricorrente, sarebbero stati trasportati 39 cani dall’Ungheria alla Germania e almeno 1 cane di questi non era in regola con le vaccinazioni e in buone condizioni di salute.
In riferimento alla circolare, la ricorrente, con lettera dell’avvocato del 19 gennaio 2009, ha chiesto alla convenuta di confermare che le norme commerciali non erano applicabili alla fattispecie. La motivazione era che le norme ritenute applicabili secondo il parere della convenuta presuppongono un commercio professionale, il quale non sussiste nella fattispecie, trattandosi di associazione no-profit con perdite annuali coperte dai contributi e dalle donazioni dei soci.
La convenuta, con lettera del 3 febbraio 2010, rispondeva alla ricorrente che l’attività della ricorrente era costituita da importazione di animali dall’estero alla Germania a scopo di cessione a terzi dietro il pagamento di un prezzo e pertanto, indipendentemente dal fatto che vi fosse scopo di lucro, doveva essere considerata come attività commerciale. Si trattava di un’offerta in concorrenza con altre attività che perseguivano lo stesso scopo. La ricorrente importava miratamente animali per la loro cessione (dietro compenso) a terzi offrendo quindi merci su un determinato mercato. Questa attività non differisce da quella di allevatore o commerciante che sono indubbiamente attività commerciali, perché si tratta di approvvigionamento (acquisto o allevamento) di animali e la loro cessione dietro compenso (vendita, commercio). Inoltre la ricorrente è soggetta a un obbligo di autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSschG. Il concetto di “professionale” non modifica nulla perché il diritto europeo considera come trasferimento anche la mera offerta di una merce o di un servizio. L’utilizzo del criterio di scopo di lucro ha puro carattere dichiarativo. Poiché è applicabile il regolamento (CE) n. 1/2005, l’azienda di trasporti deve essere autorizzata e il conducente e gli accompagnatori devono disporre delle conoscenze necessarie.
La ricorrente ha presentato opposizione in data 8 marzo 2010.
[omissis]
La ricorrente non è obbligata a richiedere un'autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG perché non è ancora stato emesso parere dal tribunale supremo e quindi la situazione giuridica non è chiara. Per questo motivo, non è obbligata ad osservare il regolamento (CE) n. 1/2005 e adempiere all’obbligo di segnalazione e registrazione ai sensi dell’§ 4 BmTierSSchV. All’obbligo di registrazione sono collegati ulteriori obblighi, in particolare relativi all’§ 5 BmTierSSchV. Poiché la violazione alle leggi citate dalla convenuta sono punibili con sanzioni amministrative, si sarebbe in presenza di un interesse personale all’accertamento. Essa ha segnalato la sua attività ai sensi dell’§ 4 BmTierSSchV per poter continuare a svolgerla. La segnalazione non è stata effettuata alle autorità competenti e non è stato assegnato un numero di registrazione. La registrazione non è obbligatoria se l'§ 4 BmTierSSchV non è pertinente e data la non sussistenza dell’attività commerciale e per assenza dello scopo di lucro l’attività non è soggetta ad autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG.
Il regolamento (CE) N. 1/2005 non si applica al trasporto di animali non condotto in collegamento a un'attività commerciale. Secondo il concetto giuridico EhGH espresso dalla convenuta secondo il quale il concetto di azienda richiederebbe un’attività commerciale, ai sensi delle leggi sulle sovvenzioni dell’art. 87 e seg. EGV, secondo le quali il concetto di azienda implica un’attività commerciale, secondo tali leggi un’attività commerciale sarebbe qualsiasi attività che consiste nell’offrire merci o servizi su un determinato mercato. Questa definizione si riferisce al concetto di attività commerciale nell'ambito delle leggi sulle sovvenzioni e non può essere trasferito indistintamente e senza differenziazione al concetto di attività commerciale. Inoltre, un’attività commerciale, anche secondo l’intendimento dell’EuGH sulle leggi sulle sovvenzioni, implica che l’azienda opera a fini di lucro. Le associazioni caritatevoli non rientrano in questo concetto. Lo scopo di lucro viene perseguito solo se viene perseguito un reddito a beneficio diretto dei soci o dei membri.
[…]
Non è dato neanche il commercio professionale di animali ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG perché non sussiste commercio poiché questo presupporrebbe l’acquisto di merci e la loro successiva vendita. La ricorrente non acquista cani per venderli. Anche in riferimento a questa norma di legge manca il requisito dello scopo di lucro. L’§ 11 TierSchG è un articolo di legge nazionale e quindi le sue caratteristiche non possono essere applicate alla versione europea.
La ricorrente chiede di
stabilire che al trasporto o all’ordine di trasporto all’interno dell’Unione europea di cani in Germania e la loro intermediazione a ricoveri o proprietari di cani non vengano applicate le leggi sul commercio di animali o sul trasporto a fini commerciali o sul trasporto di animali in connessione a un’attività commerciale di cui al regolamento (CE) 1/2005 e § 4 della legge sulla protezione dalle epidemie animali (BmTierSSchV)
nonché
di stabilire che il trasportare o il far trasportare cani all’interno dell’Unione europea e la loro intermediazione da parte della ricorrente a ricoveri o proprietari di cani in Germania non richiede autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG.
La convenuta chiede
di respingere il ricorso
con la motivazione che la ricorrente ha segnalato la propria attività ai sensi dell’§ 4 BmTierSSchV alle autorità competenti. Il ricorso non è ammissibile perché la ricorrente non può rivendicare il fatto di non essere soggetta all’osservanza degli obblighi di cui all’§ 4 BmTierSSchV.
Dopo essersi verificate divergenze sui cani trasportati, la convenuta ha informato la ricorrente che alla stessa non sono applicabili le norme agevolate per l’importazioni di cani ai sensi del regolamento (CE) n. 998/2003, ma quelle più rigide per il traffico commerciale. Un’attività commerciale ai sensi dell’art. 1 cpv. 5 del regolamento (CE) n. 1/2005 non presuppone che un’azienda operi a scopo di acquisto. Si è data maggiore importanza al fatto che l'offerta è in concorrenza con le altre associazioni presenti sul mercato che perseguono lo stesso scopo. In questo caso, è irrilevante che le merci vengano offerte a scopo di lucro o meno. La ricorrente è in concorrenza con altri offerenti sul mercato, perlomeno il contributo richiesto presenta circa lo stesso importo, dato di fatto pubblicato su Internet o nelle inserzioni private.
Ai sensi dell’§ 4 BmTierSchV, anche solo l’ambito della cessione di animali conferma l'attività professionale. La ricorrente contesta affermando che il contributo non copre le spese sostenute per i cani. Secondo quanto indicato dalla ricorrente relativamente alla propria pagina Internet, il denaro serve per supportare progetti in Ungheria. Questi possono essere realizzati solo se la ricorrente ottiene un guadagno. Per lo scopo di lucro è sufficiente il perseguimento di uno scopo umanitario con un surplus. La situazione finanziaria effettiva della ricorrente è irrilevante ai fini della valutazione dell'esistenza dello scopo di lucro. La registrazione è stata effettuata perché la ricorrente opera professionalmente. Anche se non si supponesse un’attività professionale, l’attività sarebbe regolata comunque dalla BmTierSSchV. Ai sensi dell’art. 1 del regolamento UR n. 388/2010 i requisiti e i controlli ai sensi dell’art. 12 cpv. 1 b) del regolamento (CE) n. 998/2003 per il trasporto degli animali domestici elencati nell'allegato I parti A e B si applicano per il numero totale di animali trasportati da uno stato membro o un paese elencato nell'allegato II parte B sezione B del regolamento citato. La ricorrente ha sempre importato più di cinque cani in Germania.
L’attività della ricorrente è commercio ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG. L’obbligo di autorizzazione si estende anche sulle persone che fanno intermediazione con cani stranieri e li collocano direttamente presso proprietari tedeschi.
Di base, è problematico definire la professionalità nell'ambito della protezione degli animali e della lotta alle epidemie degli animali dallo scopo di lucro. Attualmente, si parla a livello federale di introdurre un concetto di "professionale" orientato al concetto e al fine della legge sulla protezione degli animali e sulla prevenzione delle epidemie animali e anziché lo scopo di lucro un’attività ricompensata.
Per gli ulteriori dettagli della causa e le testimonianze delle parti in causa, fare riferimento agli atti processuali e ai ricorsi dei rispettivi avvocati.
MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA
Il ricorso è ammesso.
Alma Galli