I gatti randagi svizzeri, anche in futuro, potranno essere cacciati.
A dirlo è stato, ieri, il Consiglio federale rispondendo al deputato ginevrino Luc Barthassat che, facendosi interprete di una petizione dell'Associazione SOS Gatti - petizione sottoscritta finora da 13'700 persone di tutta la Svizzera (trovate il testo della petizione nel pdf) - aveva chiesto, con una mozione, di introdurre il divieto per questa pratica barbara, auspicando che il Governo federale privilegiasse campagne di sterilizzazione e castrazione (come quelle che, in Ticino, sono promosse, in collaborazione con i Comuni, dal GAR - Gruppo aiuto randagi -, vd suggeriti).
La caccia, già abolita in Francia, dovrebbe essere permessa soltanto in caso di emergenza sanitaria, per esempio di un'epidemia di rabbia, scrive Barthassat, che fa presente come le prove di animali sopravvissuti, ma mutilati da colpi d'arma da fuoco, abbondino. Inoltre, continua il deputato ginevrino, la caccia si svolge sovente in aree urbane, con conseguenti problemi di sicurezza. Ma non è tutto: la registrazione per mezzo di pulci elettroniche al posto di un collare rende sempre più difficile distinguere i gatti domestici da quelli randagi.
Il Governo, però, ha detto no. Ricordando che i Cantoni sono i primi ad essere competenti per ordinare le soppressioni di questi felini, fa notare, nella sua risposta, che questo tipo di campagne non è frequente. Inoltre lo sfoltimento dei gatti randagi è necessario poiché, accoppiandosi con i veri gatti selvatici, essi minacciano la sopravvivenza di quest'ultima specie (vd suggeriti). I mici randagi costituiscono poi un pericolo per uccelli, lepri e rettili. Acchiappare questi felini con trappole è assai difficile. Infine, i costi e l'impegno lavorativo per le campagne di sterilizzazione sono molto elevati.
m.c./ats
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