C'era una volta, là/ dalle parti di Chissà,/ il paese dei bugiardi./ In quel paese nessuno/ diceva la verità,/ non chiamavano col suo nome/ nemmeno la cicoria:/ la bugia era obbligatoria./ Quando spuntava il sole/ c'era subito uno pronto/ a dire: "Che bel tramonto!"/ Di sera, se la luna/ faceva più chiaro/ di un faro,/ si lagnava la gente:/ "Ohibò, che notte bruna,/ non ci si vede niente"./ Se ridevi ti compativano:/ "Poveraccio, peccato,/ che gli sarà mai capitato/ di male?"/ Se piangevi: "Che tipo originale,/ sempre allegro, sempre in festa./ Deve avere i milioni nella testa"./ Chiamavano acqua il vino,/ seggiola il tavolino/ e tutte le parole/ le rovesciavano per benino./ Fare diverso non era permesso,/ ma c'erano tanto abituati/ che si capivano lo stesso. / Un giorno in quel paese/ capitò un povero ometto/ che il codice dei bugiardi/ non l'aveva mai letto,/ e senza tanti riguardi/ se ne andava intorno/ chiamando giorno il giorno/ e pera la pera,/ e non diceva una parola/ che non fosse vera. / Dall'oggi al domani/ lo fecero pigliare/ dall'acchiappacani/ e chiudere al manicomio./ "E' matto da legare:/ dice sempre la verità"./ "Ma no, ma via, ma và ..."/ "Parola d'onore:/ è un caso interessante,/ verranno da distante/ cinquecento e un professore/ per studiargli il cervello ..."/ La strana malattia/ fu descritta in trentatre puntate/ sulla "Gazzetta della bugia"./ Infine per contentare/ la curiosità popolare/ l'Uomo-che-diceva-la-verità/ fu esposto a pagamento/ nel "giardino zoo-illogico"/ (anche quel nome avevano rovesciato ...)/ in una gabbia di cemento armato./ Figurarsi la ressa./ Ma questo non interessa./ Cosa più sbalorditiva,/ la malattia si rivelò infettiva, / e un po' alla volta in tutta la città/ si diffuse il bacillo/ della verità./ Dottori, poliziotti, autorità/ tentarono il possibile/ per frenare l'epidemia./ Macché, niente da fare./ Dal più vecchio al più piccolino/ la gente ormai diceva/ pane al pane, vino al vino,/ bianco al bianco, nero al nero:/ liberò il prigioniero,/ lo elesse presidente,/ e chi non mi crede/ non ha capito niente.


(Gianni Rodari, Il paese dei bugiardi, Le favole a rovescio).

lunedì 2 settembre 2013

I NOSTRI RANDAGI TRASFORMATI IN BIODIESEL?


L'articolo che segue aiuta a valutare in modo più completo quale destino possa essere riservato alle centinaia di migliaia di randagi che ogni anno spariscono ed un fatto è ormai certo: di loro, non si butta niente. 

"Nel Vorarlberg (Austria), attualmente, non esistono ancora crematori per animali domestici." questa la realtà di un Paese proposto a noi italiani come fulcro di grande civiltà e rispetto degli animali, incomparabile col nostro essere cattivi e quindi  incuranti della loro sofferenza, oltre che mafiosi naturalmente. Accuse scritte in ogni dove dai commercianti finti animalisti quotidianamente, per motivare  le deportazioni e rendere possibile guadagnare sulla vendita dei nostri randagi. I traffici di randagi sono un business enorme.
La civiltà di cui si parla in questo articolo, si spinge ancora oltre e cerca la perfezione legiferando in modo che  Fido e Micio diventino biocombustibile: 
"Il grasso ricavato viene utilizzato per la produzione di biodiesel mentre la farina viene usata per la combustione del cemento".

QUANTI DEI NOSTRI RANDAGI DEPORTATI, AL TERMINE DI CHISSA' QUALI SOFFERENZE, SONO STATI TRATTATI E TRASFORMATI IN BIOCOMBUSTIBILE?  CERTAMENTE SEMPRE PIU' DIFFICILE PENSARE DI RITROVARNE TRACCIA.

Non voglio che venga fatto a pezzi!  


"Il mio Bulldog inglese è il mio migliore amico e compagno. Non voglio che dopo la morte vada in un centro di riciclaggio per animali”. Così dice Theresa Kessler (25) di Bregenz.  Dopo la morte, il cadavere verrà bruciato in un crematorio per animali domestici. 

di Sabrina Grabher / WANN & WO - Bregenz
Fatti a pezzi, cotti e riutilizzati per l’industria: ecco cosa succede ai nostri animali domestici dopo la morte. Theresa Kessler (25) di Bregenz sceglierà un’altra strada per il suo Tequila. 
La morte di un animale domestico è spesso inaspettata e non lascia il tempo per pensare a cosa succederà all’amato animale. Consigliamo comunque di pensarci in tempo perché non è obbligatorio consegnare  i cani, i gatti ecc. morti al veterinario.

L’animale domestico diventa una pietra preziosa

“Il mio bulldog inglese Tequila è nell’età migliore. Tuttavia, il veterinario ha accertato una lesione a una vertebra. Per questo mi sono chiesta cosa succederà dopo la sua morte" racconta Theresa Kessler, proprietaria del cane. Theresa non prende neanche in considerazione di lasciare Tequila dal veterinario dopo la morte perché ciò significherebbe che, fra maggio e settembre, Tequila verrebbe portato al riciclaggio del corpo degli animali (TKV) nella TBA Kraftisried GmbH in Algovia o nei mesi invernali a Tulln in Bassa Austria alle  Saria Bio-Industries. Cosa vi succede lo sanno in pochi. La TBA Kraftisried GmbH spiega: Secondo la legislazione, i cadaveri degli animali vengono spezzettati e igienizzati. Vengono cotti a 133 gradi per 20 minuti. La massa viene mescolata con grasso ed essiccata. L’acqua viene fatta evaporare sotto vuoto – il corpo di un animale è composto per l’80% di acqua -. Quindi, la poltiglia di carne viene pressata e il grasso ricavato viene utilizzato per la produzione di biodiesel mentre la farina viene usata per la combustione del cemento." L’UE vieta l’utilizzo di farine animali per i prodotti alimentari per animali.
“Non è obbligatorio che Tequila arrivi alla TKV dopo la sua morte perché verrà cremato in un crematorio per animali domestici”, ci racconta Theresa. “Non voglio che venga fatto a pezzi. Sto risparmiando per fare realizzare una pietra preziosa con la quale fare un ciondolo da portare vicino al cuore. Mi sono informata su Internet e ho trovato un crematorio nelle vicinanze di Monaco che offre questo servizio. Se non riuscirò a trovare i soldi prima che muoia, terrò le sue ceneri in un’urna a casa e le spargerò sul suo prato preferito. Il mio cane è mio migliore amico e vero compagno di vita, mi accompagna dappertutto”.

Seppellire a casa

Nel Vorarlberg, attualmente, non esistono ancora crematori per animali domestici. Tuttavia, molti veterinari collaborano con veterinari oltre frontiera. Vi è la possibilità di informarsi su Internet. I servizi offerti in questi crematori sono molteplici: dall’esclusiva e costosa creazione di una pietra preziosa (da Mevisto, una pietra con otto millimetri di diametro costa 1760 euro), alla raccolta delle ceneri in un’urna da portare a casa, oppure lasciarla in una tomba comune.  Se la cremazione è troppo costosa, vi è la possibilità di portare a casa la salma e di seppellirla a casa, come spiega il veterinario Dr. Norbert Greber: “Gli animali morti possono essere seppelliti sul proprio terreno a patto che il terreno non si trovi in una zona di protezione delle acque".

Crematori per animali domestici

Chi non vuole che la salma del proprio animale domestico vada al centro di riciclaggio (TKV) può informarsi presso il proprio veterinario. La maggior parte dei veterinari collabora con crematori per animali domestici oltre frontiera dove si possono portare le salme o farle ritirare. Le salme vengono cremate e, o deposte in urne che possono essere conservate in una tomba comune oppure portate a casa. Vi è anche la possibilità di far pressare le ceneri per creare una pietra preziosa per avere un gioiello come ricordo.  

                                            ***********

Ai randagi: siete nel cuore di molti. 
In molti stiamo lavorando perchè  verità e giustizia impediscano altre sofferenze, altri viaggi del terrore e della morte.

Alma Galli  M.A.R.E.

sabato 22 giugno 2013

GERMANIA: TRIBUNALE VIETA COMMERCIO DI CANI PROPOSTO COME PROTEZIONE ANIMALI

Nonostante precedenti sentenze in Germania (qui) e (qui) capire evidentemente risulta molto difficile. Continuano con la solita storia che non hanno utile, propongo una colletta per sostenerli......

Tribunale amministrativo di Coblenza: vietato il commercio con i cani dei Balcani (qui)

Coblenza (VG) – A una tenutaria di cani che agiva da intermediatrice di cani per un’associazione per la protezione degli animali croata, è stato vietato il commercio professionale di cani. Lo ha deciso il Tribunale amministrativo di Coblenza.  
La ricorrente, che nel suo appartamento tiene da 4 a 8 cani di proprietà, nel 2010 e nel 2011 è stata sottoposta a controlli della autorità veterinarie della provincia di Ahrweiler che hanno accertato che la stessa teneva fino a ulteriori 14 cani provenienti dalla Slovacchia, dalla Croazia e dalla Romania.  In seguito a tali accertamenti, le autorità le hanno imposto divieto di commercio professionale di cani. Le autorità hanno motivato la sentenza perché la ricorrente, solo nel luglio 2010, ha offerto 39 cani a prezzi che si aggiravano dai 150 ai 350 euro in un portale di inserzioni online. Si presuppone quindi un commercio professionale di cani, per il quale la ricorrente non dispone di autorizzazione. La ricorrente ha proposto opposizione al divieto con efficacia immediata e una richiesta di provvedimento urgente (si veda comunicato stampa n. 38/2011) adducendo che, data la mancanza dello scopo di lucro, la stessa non agirebbe professionalmente e i prezzi richiesti sarebbero a copertura delle spese veterinarie e generiche.
Il tribunale amministrativo ha respinto tale ricorso perché, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la sua attività si configura come commercio professionale soggetto ad autorizzazione ai sensi della legge per la protezione degli animali, dato anche il numero di cani proposti per la vendita. I prezzi richiesti dalla ricorrente sono in linea con quelli richiesti nelle inserzioni su Internet e nei giornali per cani simili. La ricorrente non è riuscita a dimostrare credibilmente che il guadagno proveniente dalla vendita degli animali servisse semplicemente a coprire i costi.  L’ammontare dei guadagni ottenuti dai cani prelevati in Croazia non è chiaro. Inoltre, la ricorrente non è riuscita a dimostrare il legame fra gli 11.000 euro per spese di veterinario e alloggio nel periodo dal gennaio 2011 al febbraio 2012 e la sua attività di vendita.  Rimane anche non chiaro quanti e quali cani la ricorrente abbia tenuto oltre a quelli di proprietà, e quale quota delle spese sia riferita ai cani di proprietà anziché ai cani destinati alla vendita.  Questi dubbi si ripercuotono negativamente sulla valutazione della ricorrente e sono indizi di attività di commercio professionale soggetta ad autorizzazione.

È possibile proporre opposizione a questa sentenza presso la Corte di Appello del Rheinland-Pfalz.
(Tribunale amministrativo di Coblenza, sentenza del 29 maggio 2013, 2 K 1036/12.KO)

Alma Galli M.A.R.E.

martedì 18 giugno 2013

HUNDEHILFE POLONIA

Pubblico la traduzione di un articolo sulla deportazione di cani dalla Polonia in Germania, per evidenziare come il problema sia comune a molti Paesi. I nostri  randagi, evidentemente NON tutelati dalle nostre leggi,  sono spesso deportati in uguali condizioni a quelle qui pubblicate, dopo essere stati prelevati da canili italiani NON lager, dove i cittadini italiani hanno provveduto a pagare tutto. Spesso paghiamo anche le presunte "associazioni animaliste" che per ogni "adozione" fatta in questo inaccettabile modo, prendono qualche centinaia di euro.
Responsabile di questo trasporto è HUNDEHILFE POLONIA, dei cani italiani si "occupa" HUNDEHILFE ITALIA.


{TS-Kritik}

La protesta degli animalisti e dei cinofili polacchi contro i trasportatori tedeschi di cani, ricomincia. 
Doggennetz.de ne ha già parlato due anni fa (Aua316Aua317Aua320Aua341Aua369Aua372).
Le “organizzazioni per la protezione animali” tedesche non cercano il colloquio con i colleghi polacchi. La discussione ha toni accesi. Dopo lo scandalo di un cane che è stato salvato all’ultimo minuto dal suo proprietario polacco dall’esportazione in Germania, le tensioni sono tante.  
Le critiche polacche sono rivolte particolarmente contro Hundehilfe Polen che, sul suo sito Internet, pubblica un articolo sulle controversie con il titolo tendenzioso "Bugie e diffamazionin".
Molto interessante è la spiegazione ufficiale del veterinario polacco che parla, documentatamente, delle condizioni di vita dei cani polacchi in Germania.  
I responsabili dell’associazione hanno deciso di indagare personalmente sulle condizioni  di trasporto durato dal 30 maggio al 1° giugno (3 giorni!!!) dati i trascorsi conflitti la "animalista" polacca Aniela.
Aniela è un’animalista esperta e conosciuta di Varsavia. È in grado di presentare successi e organizza sterilizzazioni a livello nazionale a cui partecipano sempre più veterinari polacchi e cliniche veterinarie polacche.  
Gli animalisti polacchi si sono rivolti alla redazione DN perché avevano paura di una farsa. In seguito all'esame di risultati di ricerche del passato sono stati tranquillizzati. Con molta sicurezza si poteva presupporre che non si trattasse di un trasporto in regola e rispettoso degli animali.
DN pubblica le foto, senza commenti, del trasporto. Le associazioni e i canili tedeschi che prelevano cani da questo trasporto sono pregati di guardarle.
Segue un ulteriore articolo.
Tutte le foto sono state scattate all’ultimo trasporto di  Hundehilfe Polen dal 30 maggio al 1° giugno 2013.  
 
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Qui termina l'articolo di Karin Burger

Augurandomi che tutto questo serva a profonde meditazioni, ricordo che i
cani di tutta Europa sono deportati sistematicamente in Germania (e non solo)
 in numero incalcolabile.
Vanno in un Paese dove non esiste anagrafe 
canina nazionale, dove sono oggetto di commercio, dove le organizzazioni animaliste possono venderli ai laboratori e dove è lecito sparargli ad una certa distanza dall'abitato (oltre alla pratica della zooerastia). 
La legge sulla zooerastia in Germania è cambiata da alcuni mesi, ma temo
 che non altrettanto rapidamente siano modificate consolidate abitudini
e ad  ora, non mi risultano denunce in essere per gli amanti di tale pratica.
Bisogna quindi dedurre che comportamenti di abuso da decenni leciti, siano
stati miracolosamente abbandonati appena lo Stato ha legiferato in tal senso.(!)
Facile da credere, come è facile credere che tutti gli animali deportati
trovino accudenti famiglie e vivano sereni ed amati.
Trasporti come questo, dimostrano infatti quale attenzione ed amorevoli
cure siano date alle vittime, ed il viaggio (questo è durato 3 giorni!)
è spesso solo l'inizio del percorso verso il buio, dove risulta impossibile 
sapere a chi siano venduti i nostri randagi, ma certo resta sempre
il loro prezzo di vendita.
Dove non c'è trasparenza è doveroso pensare ci sia dolo.
Ripeto all'infinito la solita domanda che cade nel vuoto da anni:
dopo questi viaggi terrificanti, a chi sono venduti i nostri randagi? 
A chi sono venduti i randagi di tutti i Paesi fornitori di merce?
Perchè gli animali non si trattano in questo modo, questa è
MERCE.

Alma Galli M.A.R.E.

giovedì 13 giugno 2013

AUSTRIA: MALTRATTAMENTI IN UN RIFUGIO, NESSUNA FOTO DELLE VITTIME

Un numero incalcolabile dei nostri cani è deportato continuamente in questo Paese, con la scusa che qui non esistono maltrattamenti ed è con la Germania, un paradiso in terra. Il nostro Paese invece è costantemente diffamato per motivare le infinite deportazioni.

La verità invece è diversa ma viene detta piano, senza creare scandalo. Non c'è l'elenco delle vittime fotografate senza pietà per usarne le immagini in modo diffamatorio contro una nazione intera, al posto della galleria degli orrori, una sorridente "direttrice di rifugio" con cagnolino in braccio. L'orrore qui, non solo solo i maltrattamenti verso gli inermi, ma la conferma di pesi e misure diverse, che se applicate a loro hanno la funzione di minimizzare la sofferenza delle vittime. Se applicate ai Paesi che forniscono merce, allora la storia è diversa. Se in un nostro "Hundelager" i cani stanno bene ma uno è malato e magro, quello verrà fotografato con la lente, la sua immagine diffusa all'infinito per diffamare sia il canile che tutta l'Italia, questo per avere merce  da deportare. Le stesse foto sono  poi usate per anni, con didascalie spesso non corrispondenti al vero.

VOGLIAMO LE FOTO DELLE VITTIME: Ora vorrei le foto delle vittime di questa realtà di maltrattamenti in Austria, come diritto acquisito di una cittadina italiana che da anni subisce la diffamazione prodotta dalla  diffusione  fatta a scopo manipolatorio di immagini di animali maltrattati in Italia. Lo chiedo anche  a nome del Movimento M.A.R.E. che rappresento e  mi auguro  lo chiedano tutti coloro che si sentono diffamati da quanto è diffuso in rete da presunti animalisti stranieri, contro di noi. Manipolazione atta  a nutrire il business delle deportazioni.e completata spesso con petizioni contro il "maltrattamento dei cani in Italia". 

Direttrice di un rifugio per animali denunciata per maltrattamenti

"Garten Eden" in Carinzia (qui)

12.06.2013, 11:09
Foto: Uta Rojsek-Wiedergut

Direttore di ricovero per crudeltà sugli animali visualizzata (Foto: Uta Rojsek-Wiedergut)
Sul rifugio per animali "Garten Eden" in Carinzia, pendono gravi denunce. La veterinaria del rifugio ha denunciato la direttrice Heidi Lepuschitz di crudeltà sugli animali e di somministrazione illegali di farmaci. Anche dalla "Krone Tierecke" sono già partite numerose segnalazioni sulle condizioni nel "Garten Eden".
A seguito di una segnalazione sul canale privato della Carinzia KT1  la veterinaria del rifugio  "Garten Eden" a Ebenthal in Carinzia ha lanciato gravi accuse contro la direttrice Heidi Lepuschitz (foto, nella stazione per la quarantena sovvenzionata da "Krone"). La veterinaria Elke Hinterberger denuncia che la Lepuschitz ha narcotizzato arbitrariamente animali, ha somministrato loro arbitrariamente farmaci e ha rifiutato l'eutanasia di animali destinati alla morte.

Numerose segnalazioni

Il difensore civico degli animali, Signora Ingrid Fischinger, ha ispezionato il rifugio. Aveva ricevuto segnalazioni da collaboratori e visitatori del rifugio su situazioni carenti e fotografie che documentavano queste condizioni. Anche la "Krone Tierecke" ha ricevuto comunicazioni di volontari preoccupati che segnalavano, ad esempio, un'insufficiente separazione fra gatti sani e gatti malati. Questa circostanza è stata confermata dalla veterinaria Elke Hinterberger.

"Situazioni non sostenibili"

La dottoressa Hinterberger ha dichiarato che più volte le è stato impedito di fare l'eutanasia a gatti destinati alla morte dalla Signora Lepuschitz. “Trattava gli animali con diversi antibiotici. Mi diceva il nome dei farmaci ma non da dove li aveva presi", racconta la dottoressa Hinterberger. La prescrizione e la somministrazione di farmaci agli animali è consentita solo alle persone debitamente qualificate. "Come veterinaria, non posso ammettere queste situazioni".

Lepuschitz ammette di aver utilizzato  sonniferi

Heidi Lepuschitz non condivide le accuse. Nel colloquio con il difensore civico degli animali e il giornalista di KT1 si difende: "Se è necessario, i gatti vengono addormentati dietro mia decisione”. Essa stessa somministrava sonniferi agli animali  per rendere più sopportabile l'ultima visita dal veterinario. Non ha voluto dire da dove prendesse i farmaci. Secondo il difensore civico degli animali, la somministrazione di farmaci nel "Garten Eden" corrispondeva a quella di uno studio veterinario.
Alle autorità competenti è stata inviata una perizia ed è stata emessa accusa di maltrattamenti contro  Heidi Lepuschitz.

Un piccolo esempio di informazione tedesca sui maltrattamenti in Italia (qui)
e ancora (qui):

Alma Galli M.A.R.E.

sabato 1 giugno 2013

RACKET DI CANI NEI CANILI CONVENZIONATI ITALIANI?

Oggi 31 maggio 2013, ho ricevuto la seguente e-mail. Non è la prima e purtroppo, certamente, non sarà l'ultima. La titolare del canile convenzionato con vari Comuni, ha investito in questa attività ed ormai è allo stremo. Ha sporto denunce per gli abusi subiti, quindi nessuna invenzione nel racconto che segue.
I suoi cani risultano non maltrattati, anzi, il canile a norma, MA NON AMA LE DEPORTAZIONI, VUOLE SAPERE DOVE VANNO I CANI A LEI AFFIDATI, quindi è stata minacciata che se non li avesse ceduti, non le sarebbero arrivati più nè cani nè soldi. Quello del non pagare è un sistema per costringere i reticenti a cedere. In questi canili la pressione praticata da certi "animalisti" e presunte "associazioni animaliste" è costante e senza pietà, cercano di costringere INTIMIDENDO, MINACCIANDO E AFFAMANDO le vittime che per paura, cedono i cani a chi poi li "salverà" deportandoli o semplicemente facendoli sparire.  

Il Movimento M.A.R.E. è con altre associazioni, vicino alle vittime di questa terrificante realtà e si rende disponibile ad aiutare chi, desideri supporto. 
Sia chiaro che si stà proponendo aiuto SOLO a chi ha le carte in regola, quindi nessun  maltrattamento vero, di animali a suo carico. Sappiamo infatti che c'è stata anche l'accusa a chi disperato e piangente per dover cedere i cani a chi li deporta, che gli stessi erano "troppo grassi". Oppure, su 100 "se ne fotografa UNO malato e si dice che "lo sono tutti". E ancora un cane malato, appena ricoverato, si dice che "non è mai stato curato".
E' ora di smetterla, è ora di combattere decisi, senza timore, perchè verità e giustizia facciano il loro percorso. I cani devono uscire dai canili ma secondo le leggi italiane, per andare in adozione  e non in stallo e soprattutto in adozione a chi ha un nome  e cognome noti e dicibili. Non per essere ceduti a chi ne fà commercio.
NON SIETE SOLI, CONTATTATECI E VI AIUTEREMO A DENUNCIARE OGNI ABUSO. LA POSSIBILITA' DI TUTELARE VOI STESSI E GLI ANIMALI A  VOI AFFIDATI, E' NEL DENUNCIARE E NELL'ESSERE UNITI. SE IN MOLTI LO FAREMO, EMERGERA' CON CHIAREZZA COME A QUESTI COMPORTAMENTI INTIMIDATORI, POSSA CORRISPONDERE UN VERO E PROPRIO 
RACKET DI CANI DAI NOSTRI CANILI,
PER ANDARE DOVE? CHE FINE FANNO? NON SI SA' E
NON DEVI CHIEDERLO!!!

venerdì 24 maggio 2013

Movimento Antitraffico Randagi in Europa

L'associazione no profit M.A.R.E. è nata a Milano il 25 aprile 2013
Domani compie un mese. 
Oggi la notizia è diffusa sull'inserto "SETTE" del CORRIERE DELLA SERA a firma di Paola D'Amico che ringrazio perchè  sempre attenta alle realtà di tutela dei nostri amati amici a 4 zampe.
Su facebook: https://www.facebook.com/pages/MARE-Movimento-Antitraffico-Randagi-in-Europa/134811203371559?fref=ts

Telefono: 389.5211780
e-mail: antitraffico@gmail.com
Codice Fiscale n. 97655890156


 Il sito di M.A.R.E. è in preparazione, a breve altre notizie.

Legale rappresentante di M.A.R.E.
Alma Galli

venerdì 17 maggio 2013

ETN E IL CONTRATTO SEGRETO CON LA PRINCIPESSA MAJA VON HOHENZOLLERN


Qui con Andrea Cisternino. Pubblico questa foto per rendere la principessa più familiare a noi italiani.

Agli amici degli animali e agli spettatori televisivi è nota come la “ambasciatrice” 
della Europäischen Tier- und Naturschutz e. V. (ETN): Maja Prinzessin von
 Hohenzollern, insignita di innumerevoli riconoscimenti, fra i quali 
la medaglia per la protezione degli animali di Aachen  (2010; verbale qui). 
Il numero di articoli sui mezzi di comunicazione sulla “rispettata 
protettrice degli animali”, “principessa della protezione 
animali”, “salvatrice di animali”, ma soprattutto “ambasciatrice di ETN”
 è altissimo.
Negli articoli non si trovano però informazioni sul denaro che Maja Prinzessin 
von Hohenzollern ha ricevuto da ETN per la sua attività di protezione 
degli animali.

Contratto con compenso giornaliero di  250 Euro
Il contratto di collaborazione stipulato fra ETN e Maja Prinzessin è
 stato stipulato il 1° novembre 2012. ETN ha firmato in data 
8 novembre, Maja Prinzessin il 24 ottobre 2012.
La descrizione dell’attività nel paragrafo 1 è breve e cita “Progetti ETN 
nel campo della protezione degli animali e della natura”, che la 
libera professionista programmerà e svolgerà in accordo con i membri 
del comitato direttivo.  
La Signora von Hohenzollern è libera di gestire il proprio orario lavorativo,
 anche se l’impegno è limitato al massimo a 8 giorni al mese (!).
Il compenso stabilito è una retribuzione giornaliera di 250,00 Euro
Il contratto non prevede però vacanze pagate o nei giorni di malattia.
Il paragrafo 4 stabilisce:
              
Come concordato nella riunione dell’11.06.2011 in Hof Huppenhardt, alla Signora  von Hohenzollern viene messo a disposizione un numero di telefono sulla rete fissa e un cellulare con corrispondente abbonamento.   
(Citazione dal contratto di libera collaborazione fra ETN e Maja Prinzessin von Hohenzollern 24.01.2012, Paragrafo 4)
              
La spesa massima mensile è limitata a euro 150.
A tale proposito, la redazione di Doggennetz.de ricorda la satira DN su Aua460.

Obbligo di segretezza
La redazione DN ha chiesto una risposta stampa a ETN e a Maja Prinzessin
 sull’esistenza di tale contratto e sulle sua clausole speciali.  
La risposta di ETN viene riportata più avanti.
La Signora von Hohenzollern non ha risposto alla richiesta, attenendosi quindi al contratto. 
Nonostante ETN sia un’associazione no-profit e quindi obbligata alla
trasparenza e la Signora von Hohenzollern, quale personaggio 
pubblico, non sia una collaboratrice qualsiasi, il contratto contiene
 un obbligo di segretezza: 
              
Le parti si impegnano a mantenere segreta la natura e lo svolgimento della collaborazione, anche alla fine del contratto.  
(ibid.)
              
Questa fine del contratto è probabilmente stata raggiunta anticipatamente. 
A seguito di informazioni che ETN non conferma nella sua risposta stampa, la 
 collaborazione fra ETN e  Maja Prinzessin von Hohenzollern è 
nel frattempo terminata. Nella richiesta stampa DN del 4 marzo 2013 
sono state richieste informazioni e i motivi di questa conclusione. 
Il comunicato stampa di ETN dell’8 marzo 2013 non assume posizione 
a tale riguardo.

55.000 Euro in 20 mesi
Il contratto in nostro possesso è entrato in vigore il 1° novembre 2012.  
Maja Prinzessin von Hohenzollern, tuttavia, era già portavoce di ETN. 
Non sappiamo però le condizioni contrattuali precedenti. 
Sono però noti i pagamenti effettuati dal marzo 2011 al novembre 2012,  
quindi relativi a un periodo di 20 mesi, da ETN alla “Principessa”. 
Nei conti dettagliati troviamo la nota “onorario giornaliero concordato 250,00 euro”.  


   Articolo
 DN Aua938

mercoledì 15 maggio 2013

GERMANIA: SPARARE A CANI E GATTI E' PERMESSO DALLA LEGGE


Pubblico la traduzione di questo articolo, perchè siano chiare le leggi tedesche e  quante uccisioni di cani e gatti permettano.
Da chiedersi a che titolo gli "animalisti" tedeschi specializzati in importazioni si celebrino come i migliori d'Europa  e del mondo a riguardo della tutela degli animali, e a che titolo facciano una tragica incetta di cani e gatti ovunque, di cui fare commercio nella più totale e tragica oscurità, a che titolo diffamino ogni Paese fornitore di merce, Italia compresa. Non sarebbe opportuno dessero un'occhiata in casa loro?
La Germania:  non ha anagrafe canina nazionale; gli animali possono dalle "organizzazioni animaliste" essere ceduti ai laboratori (non si contano le roccaforti della sperimentazione); è possibile l'eutanasia in rapporto a valutazioni estremamente ampie a confronto dell'Italia; fino a ieri era legale la zooerastia e certo il problema è ad ora immutato perchè non basta una legge a cambiare una mentalità acquisita nel tempo e lecita per decenni;  è lecito sparare a cani e gatti a 200/500 metri dall''abitato.  I nostri randagi sono in numero incalcolabile, senza alcuna trasparenza, deportati  qui con l'attiva collaborazione delle "associazioni animaliste" italiane e commercializzati. A chi chieda trasparenza, minacce e diffamazione.

SPARARE AGLI ANIMALI DOMESTICI: è permesso dalla legge!

Ai cacciatori tedeschi, la legge federale e le leggi locali sulla caccia permettono di sparare ai cani e ai gatti che sono presumibilmente "a caccia" al fine della tutela della caccia. I gatti sono considerati “a caccia” se si aggirano, a seconda delle leggi locali, da 200 a 500 metri dalla prima casa abitata. La legge locale sulla caccia regola anche se sia necessario riconoscere se un animale è "a caccia" o domestico.  

Lo stesso vale per i cani. È permesso sparare  ad un cane quando gira al di fuori del raggio di controllo del suo padrone. Anche in questi casi, le singole leggi locali permettono di sparare al cane. Spesso, i proprietari dei cani sono stati minacciati nonostante il cane fosse tenuto al guinzaglio.

In un’eventuale causa legale dopo la fucilazione di un cane, il cacciatore non deve dimostrare che il cane stesse seguendo selvaggina, ma è il proprietario che deve dimostrare che il cane non stesse seguendo selvaggina.  E così, ogni anno perdono la vita migliaia di cani e di gatti. L’animale, se dovesse sopravvivere, subisce danni fisici e psicologici permanenti; il dolore del proprietario è difficile da spiegare a parole.
 
Non vi sono numeri ufficiali, solo numeri censurati
Non vi sono numeri ufficiali di quanti gatti e cani vengano fucilati dai cacciatori o uccisi in altro modo, ad es. con le  trappole.  Solo nella Renania del Nord-Westfalia, secondo i dati ufficiali della cosiddetta “tutela della caccia”, nella stagione 2008/2009 sono stati uccisi 128 cani e 11.385 gatti.  

La fucilazione degli animali domestici è ovviamente un tema che sensibilizza l'opinione pubblica e i responsabili si espongono raramente. È per questo che si ritiene che le cifre siano molto più elevate! Non esiste l'obbligo di segnalazione! Nella cerchia di cacciatori, per evitare pubblicità negativa, vige il principio "sparare, seppellire, tacere".

Le associazioni animaliste presuppongono che ogni anno in Germania i cacciatori uccidano o mutilino nelle trappole dai 250.000 ai 300.000 gattidai 20.000 ai 30.000 cani.

Gatti indesiderati nel distretto forestale

Molti cacciatori non nascondono di sparare volentieri ai gatti che “incontrano” o di investirli con l’auto.  Non è raro che questi vengano poi usati per attirare i “predatori”, soprattutto le volpi.

Il reale numero dei gatti uccisi dai cani da caccia aizzati dai cacciatori può solo essere presunto.

Molti proprietari di animali domestici restano così nell’atroce dubbio di cosa sia successo al loro amato che probabilmente è stato ucciso da un cacciatore e giace sotto terra.

Le inconsistenti argomentazioni dei cacciatori
I cacciatori argomentano che i gatti mettono in pericolo gli uccelli, i conigli e i fagiani. Naturalmente, gli studi scientifici e l’esperienza dimostrano il contrario!

Ad es. nella zona di Berlino vivono i due terzi delle specie di uccelli esistenti in Germania e da 40.000 a 100.000 gatti che escono all’aperto. Finora non sono state accertate riduzioni del numero di uccelli!

Legislazione scandalosa
È paradossale dire che gli animali "vanno a caccia" perché nei testi delle leggi questo concetto è riferito esclusivamente all’azione volontaria di uccisione di selvaggina da parte dell’uomo.  

La fucilazione legalizzata degli animali domestici da parte dei cacciatori è assolutamente scandalosa in un paese che prevede la tutela degli animali nella costituzione (Art. 20a GG) dal 2002 che diventa così un obiettivo costituzionale.

Il fatto che l’uccisione degli animali domestici sia definita “tutela della caccia” nella legge federale sulla caccia dimostra che ai cacciatori e ai legislatori non interessa la tutela della selvaggina, delle specie animali o degli animali, ma unicamente la tutela della caccia, quindi il mantenimento degli animali cacciati.  L’uccisione legalizzata degli animali domestici ha radici nella paura che gli animali domestici “a caccia” possano sottrarre le prede ai cacciatori.

Il nostro invito:
L’uccisione degli animali domestici deve essere assolutamente e severamente vietata attraverso una revisione della legge federale sulla caccia e delle leggi locali sulla caccia. Le violazioni devono essere punite con elevate sanzioni pecuniarie e con il ritiro del permesso di cacciare.   

Alma Galli
M.A.R.E. 

martedì 16 aprile 2013

CANI E GATTI ABUSATI PER DENARO, LA MAFIA DELLA RACCOLTA SOLDI


Di seguito la traduzione di un post pubblicato nella pagina: Tierschutz richtig verstehen
Postiamo una lettera che dà un’altra immagine della protezione animali, ognuno si faccia il suo parere: 

"Ieri ho parlato a lungo con una donna rumena sul caso L.M., ero stato avvertito dall’inizio che avrei provato molta rabbia.  La donna rumena conosce la sua gente!! E afferma che tutto questo interesse per i cani è una truffaI cani non vengono castrati intenzionalmente perché nascano sempre più cani che ... sono soldi.  i cani vengono picchiati, investiti da macchine e feriti per postare le immagini su FB! La compassione che provocano queste immagini dà uno stipendio a questi mafiosi in Romania. Un parente della donna è medico a Bucarest e le ha chiesto di quali cani randagi si parli in realtà, perché di cani randagi non ce ne sono per strada. I cani non castrati vengono tenuti in case e in cortili (come i posti di stallo in Italia?), dove figliano. Poi, vengono portati e fotografati in una zona depressa, oppure vengono feriti per attirare donazioni. Certamente esistono casi disperati, ma per il 90% sono macchinazioni di questi truffatori. I raccoglitori di cani  come L. e altri non tengono cani perché li amano ma perché i cani sono un guadagno costante. Fare presa sulla compassione paga, che siano bambini o animali. Questa zozzeria NON avrà fine fino a quando le persone ci crederanno e pagheranno! Smettete di fare donazioni, e questo schifo avrà fine! Sono parole di una rumena! 

Queste cose le devono sapere tutti, cani e gatti vengono feriti intenzionalmente, picchiati, tanto da far loro sanguinare gli occhi, vengono loro tagliate le gambe e le foto vengono postate su FB! È naturale provare compassione e donare soldi! Se solo la gente sapesse! Sono pochi i rumeni che si occupano dei trovatelli o dei randagi. Questi pochi vengono poi scambiati con gli altri, coi truffatori. Perché vi sono raccoglitori che, nonostante non abbiano i mezzi per dare da mangiare o curare un cane, li prendono dai rifugi. E ci siamo noi … per mandare soldi, medicine, cibo. 
E questi cani non vengono adottati, o in misura minima, perché questi cani fanno guadagnare!  Le donazioni non servono per i cani ma per chi li tiene e per la loro famiglia, perché qui vivono in miseria! Chi resiste a veder piangere un bambino? E se i soldi o il cibo non arrivano rapidamente – i donatori non crescono certo sugli alberi – si insulta chi ha aiutato, lo si diffama e gli si sparge fango addosso. Queste persone sono TRUFFATORI
Ho considerato il tema interessante perchè uguali informazioni mi sono state date per la Grecia  e l'Italia, quindi il problema pare essere comune a vari Paesi vittime sia dei traffici di randagi come di nessun controllo sul posto. E'ormai noto quanto sia facile raccogliere soldi con foto pietose se non raccapriccianti, sempre decontestualizzate, sempre senza alcuna documentazione che comprovi la verità del racconto attinente la vittima  e per la quale si chiedono ovviamente soldi. CONDIVIDO PIENAMENTE L'INVITO DELLA PERSONA CHE HA SCRITTO LA LETTERA, COSTRETTA ALL'ANONIMATO, PERCHE' SI RISCHIA MOLTO DENUNCIANDO QUESTA REALTA' MAFIOSA, DI NON DARE DENARO, A MENO CHE SI POSSA PERSONALMENTE VERIFICARNE L'USO. NON BISOGNA CREDERE A QUANTO PUBBLICATO IN INTERNET, MOLTI TRUFFATORI CI CAMPANO ALLA GRANDISSIMA E PER QUESTO SONO DISPOSTI A TUTTO, ANCHE  A TORTURARE INNOCENTI.
Basta leggere in fb per valutare la quantità di appelli dove si chiedono illecitamente soldi per cani e gatti "bisognosi", sempre rispettando la regola di non documentare mai nulla. Questo accade in Italia, e per le migliaia che vengono deportati, quale destino? FORSE in Italia se il cane o il gatto sono vittime di un  palese maltrattamento, può seguire una denuncia ma le migliaia che subiscono l'abuso della deportazione, che tutela hanno in paesi dove le leggi sono carenti e tutto è fatto senza nessuna trasparenza?
Il traffico di randagi è commercio fatto con la loro vendita a chiunque li comperi per qualunque uso voglia farne, quindi cosa impedisce che siano venduti a chi li usa per produrre denaro con ogni mezzo possibile? Che differenza c'è tra il venderli per uso sessuale (qui), per la sperimentazione (qui) o per essere torturati per ricchissime questue? NESSUNA DIFFERENZA, E NIENTE PUO' PROVARE CHE QUESTO NON ACCADA DATO CHE DEL DESTINO DEI RANDAGI, UNA VOLTA MOVIMENTATI, NIENTE E' DATO SAPERE.
I cani in modo particolare, proposti evidenziando stati di sofferenza ed handicap gravi, possono facilmente rendere in brevissimo tempo cifre importanti ed impensabili, tutto stà alla creatività del torturatore. Una storia ben impostata e con una certa durata nel tempo (non deve morire subito....), illustrata con foto forti (le amputazioni vanno alla grande, ma anche le ustioni fanno un grande effetto), magari supportata da un
costoso intervento o terapie importanti e costose da seguire in pubblico e col pubblico e voilà, i giochi son fatti e la vincita al casinò della truffa, garantita  e cospicua.
Il mio tono è cinico perchè credo sia necessario capire come sia routine, nessuna  empatia ovviamente con le vittime, ma solo un protocollo fabbrica soldi  che richiede assieme alla tortura, la recitazione di sentimenti "animalisti".
Un'altro elemento di condivisione della realtà denunciata nella lettera che segue e che fà pensare, è l'aumento del randagismo o in ogni caso il suo non contenimento. E' un fenomeno  attuale anche in molte regioni italiane nonostante le presunte "sterilizzazioni". Mi domando si si sterilizzi realmente o se aprire pance serva ad altro (qui).... Resta il fatto che delle associazioni sono spesso lautamente pagate per far "adottare" i cani che tradotto potrebbe essere che presunte associazioni siano pagate per togliere i cani dai piedi, per poi cederli senza problema alcuno a chi ne farà commercio. Pensavo che le associazioni NON A SCOPO DI LUCRO  dovessero dare un servizio e non essere pagate, ma sbagliavo,  è allora possibile credere che tali presunte associazioni rinuncino attraverso una reale riduzione delle nascite, ad utili di migliaia di euro?
Risolvere il problema del randagismo potrebbe corrispondere per molti presunti "animalisti"alla terrificante esperienza di dover lavorare e addirittura onestamente, per avere denaro, quindi è semplice  e logico che il problema del randagismo non debba essere risolto.
E non dimentichiamoci di questo, come uso finale del prodotto della macchina da reddito che è il randagismo: (qui)
e (qui)
e (qui)  lecito il dubbio che Fuffi, Tobia, Stellina ecc....randagini a cui portavamo la pappa tutti i giorni, siano tornati in patria in altra forma dopo "l'adozione" salvifica nel Paese straniero, realizzata con l'aiuto di " associazioni animaliste" italiane pagate per fornire vittime.
Mi auguro sia sempre più evidente che il randagismo è si un costo per i cittadini onesti, ma perchè è e deve continuare ad essere fonte di reddito per i molti TRUFFATORI pseudo"animalisti", che dai randagi, dalle loro miracolosamente redditizie disgrazie, traggono infiniti profitti.
E' importante non dare mai denaro dove non sia possibile un controllo diretto della vicenda, è ugualmente importante denunciare comportamenti non trasparenti, dove la sofferenza di esseri indifesi è in gioco e diffidare di chi li pratica, individuando in essi non i protettori degli animali ma coloro che ne abusano.
E' vietato usare cani per l'accattonaggio, ricordiamolo, e vale anche per animalisti ed associazioni animaliste quando la totale trasparenza e l'assoluta legalità non accompagni ogni loro gesto. 

Alma Galli

venerdì 12 aprile 2013

RANDAGI ITALIANI, MERCE PER COMMERCIANTI TEDESCHI


Il titolo avrebbe potuto essere: RANDAGI ITALIANI, MERCE PER ORGANIZZAZIONI ANIMALISTE TEDESCHE CON LICENZA DI COMMERCIO DI CANI E GATTI. 
Mi ricorda la storia del termine non vedente al posto della parola cieco, fà bello ma la sostanza è che non vede. Non amo i termini che vorrebbero abbellire o rendere meno tragica la realtà, li trovo volgari, forse perchè cerco la soluzione del problema accettandolo per quello che è, e la crudezza e semplicità delle parole, aiuta. Aiuta a non perdersi, ad evitare dubbi, aiuta a non illudersi sull'orrore che le persone possono praticare.
Considero per questo assurdo ed irrispettoso dei fatti il titolo "bello" usando i termini "organizzazione animalista" e ne dico il motivo. In Italia non esiste che un'associazione animalista abbia la licenza di commercio per cani e gatti perchè in tal caso sarebbe non un'associazione animalista, ma un commerciante di animali. 
Dato che siamo in Italia, vigono le nostre leggi ed in base a queste dobbiamo valutare le situazioni in cui si fà commercio dei nostri randagi. Per queste chi ha licenza di commercio e  produce un utile dalla vendita di randagi, è a tutti gli effetti un COMMERCIANTE DI ANIMALI, quindi: RANDAGI ITALIANI, MERCE PER COMMERCIANTI TEDESCHI.

Per maggiore chiarezza della sentenza che tradotta, pubblico,riprendo parte di un articolo precedente sul tema:
Sul tema molto discusso della protezione animale effettuata all'estero  e del problema  delle importazioni di massa degli animali dagli altri paesi europei attraverso le organizzazioni animaliste, alla base ci si pone una domanda giuridica:  queste importazioni sono da considerare commercio o no? Poichè allo status di commercio sono collegati una miriade di altri aspetti  che sarebbero utili per un miglior controllo dei trasporti stessi.   Tre importanti sentenze delle ultime settimane confermano quanto gli osservatori sostengono da  lungo tempo: le associazioni animaliste che importano animali, fanno commercio.

Tribunale di Schleswig:  Animalisti e ed osservatori critici della protezione animale, hanno atteso a lungo la sentenza. Nel marzo 2010 una grande organizzazione animalista, (il denunciante) aveva presentato  una denuncia presso la procura di Schleswig. Il  17 agosto 2011 c'è stata la sentenza. Il denunciante  affermava che la sua attività non rientrava  nè nella direttiva 1/2005 ( condizioni di trasporto) nè era applicabile il paragrafo 4 della direttiva EU sulle zoonosi e che  questa attività non era neppure  soggetta a licenza ai sensi dell'articolo 11 comma 1 frase 1, numero 3b sulla Protezione Animali Tedesca . La denuncia è stata archiviata.  I querelanti devono pagare le spese.

E' commercio indipendentemente dal profittoIn tutte le discussione relative allo status di commercio, gli animalisti hanno sempre usato la scusa che la loro attività non produce reddito per giustificare la tesi che non è praticata a scopo di lucro.  Il tribunale di Schleswig  però dissocia l'elemento del guadagno da quello di commercio. Valuta quindi  separatamente lo status di commercio applicandolo  alla protezione animale e conferma tale attività come commerciale  anche quando non sussiste guadagno : " è necessario ma anche sufficiente che sussista un'attività autonoma duratura e pianificata, requisiti questi  caratteristici ed importanti della protezione animale, per la cui attività viene richiesto un compenso  eccessivo " in diversi punti della sentenza è fatto riferimento alle finalità commerciali degli animalisti.
Animalisti  che importano animali sono considerati appartenenti alla stessa categoria dei commercianti di cani e  degli allevatori.."l'accusante è  in concorrenza in questo modo, attraverso la cessione previo pagamento dei cani, con altre organizzazioni animaliste così come con allevatori e commercianti (...)"

Nuove opportunità: Sin'ora non si riesce ancora a valutare completamente l'importanza di questa sentenza contro cui l'accusante può fare ricorso. Dopo questa sentenza non ancora esecutiva,  tutte le importazioni di animali fatte da organizzazioni animaliste sono da considerare vera attività commerciale per cui sono da applicare (sono soggette) sia al paragrafo 4 della legge sulle zoonosi, sia alla direttiva EU 1/5 sul commercio. Queste importazioni commerciali con animali devono avere la licenza secondo il parag. 11 della legge sulla protezione animali tedesca. In particolar modo per la validità della direttiva sulle zoonosi nelle EU c'è un'altro criterio importante da rispettare e che renderebbe felici le richieste fatte da anni da parte di chi critica gli animalisti: il parag. 5 della legge sulle zoonosi impone la tenuta di un registro sugli animali importati e la loro destinazione. Nel registro devono essere indicati il giorno della cessione degli animali e il nome e l'indirizzo del riceventeQuesta documentazione che è la prova  della reale destinazione degli animali, deve essere presentata su richiesta alle autorità di competenza(asl veterinaria).In questo modo le autorità potrebbero esercitare un controllo e chiarire i dubbi di molte persone attente al destino degli animali importati dall'estero sul fatto che un numero elevato di questi sia destinato ai laboratori di vivisezione. Molti di coloro che criticano la protezione animali tedesca dedita all'importazione di animali d'affezione,  ritengono che l'obbligo della tenuta del registro delle presenze, sia  il vero motivo per cui la protezione animale ha cercato con  tanta insistenza di non far adottare la legge sulla protezione dalle zoonosi. 


Chiarimenti importanti:  la sentenza di circa 20 pagine è una miniera di fatti con le relative valutazioni legali. Tra questi c'è anche la valutazione della cosiddetta tassa protezione animali, per cui chi prende un cane arrivato dall'estero, deve pagare all'organizzazione animalista senza però avere i diritti della proprietà dell'animale. L'associazione animalista denunciante menziona  il procedimento di Schleswig  "gli incassi della tassa della protezione animale (...) servono di (..) in parte a permettere l'attività dell'associazione in altri ambiti e non solo a coprire le spese per l'animale portato in Germania, cosa  comprensibile, e che giustifica l'importo della tassa."  Nel caso in questione si tratta di 270 euro.  A differenza di ciò che dicono molti animalisti qui è dimostrato che con una tassa per la protezione animale di 270 euro, c'è comunque la finalità del  guadagno. Quest'aspetto è importante nella valutazione del lavoro della "protezione animale"  cioè di quelle organizzazioni che strutturano altre attività e progetti solo sull'importazione di animali.

LA SENTENZA
La pubblico perchè possa essere di ulteriore chiarimento al fatto che le organizzazioni animaliste tedesche praticano con la vendita dei nostri randagi, COMMERCIO. I nostri animali NON POSSONO ESSERE OGGETTO DI ATTIVITA' COMMERCIALE e dato che si parla di randagi, ovvero di animali tutelati, mantenuti ed accuditi con denaro pubblico, quali reati implica questa situazione? Che si possa forse parlare anche di truffa oltre che di traffici di animali?
Invito ad una particolare attenzione al tema del REGISTRO suddetto, che richiede NOME E INDIRIZZO DEL RICEVENTE, cioè indica a chi il commerciante ha venduto gli animali deportati. Tutti i traffici di randagi si basano sulla negazione di questi dati. Noi mafiosi, maltrattatori italiani, dobbiamo essere contenti di qualche foto, il resto è privacy. Naturalmente tutto coi nostri soldi, a noi le spese, a loro, "organizzazioni animaliste con licenza di commercio di vertebrati"(sic!), gli utili e soprattutto la volontà sempre tristemente confermata, che nessuna trasparenza sia dovuta
Mi auguro che questa sentenza sia allegata a molte denunce per traffico di randagi italiani che, incredibile ma vero, NON SONO MERCE.

Nella sentenza che segue, ricorrente è l'associazione, convenuta è l'organo che rappresenta la legge, che chiede conto.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO DELLO SCHLESWIG-HOLSTEIN

SENTENZA (QUI)

Parti in causa rese anonime [N.d.T.]

Oggetto della causa: legge sulla protezione degli animali

La 1a sezione del Tribunale amministrativo dello Schleswig-Holstein, nell’udienza verbale del 17 agosto 2011 ha deciso di:

respingere il ricorso.

[omissis]

È concesso appello.
Esposizione dei fatti

La ricorrente afferma che alla propria attività non è applicabile il regolamento (CE) n. 1/2005 e § 4 della legge sulla protezione dalle epidemie animali nel mercato interno (BmTierSSchV) e che la propria attività non è soggetta ad autorizzazione ai sensi dell'§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG.

La ricorrente è un’associazione no-profit registrata con sede nello Schleswig-Holstein. Oggetto dell’associazione, secondo l’§ 2 n. dello statuto, è promuovere il benessere degli animali e agire per la loro protezione. L’§ 3 dello statuto della ricorrente stabilisce: “L’associazione persegue esclusivamente scopi umanitari […]. L’associazione opera a titolo di volontariato. Non persegue scopi commerciali. I beni dell'associazione possono essere usati solo per perseguire quanto stabilito nello statuto. È vietato retribuire persone per attività non rientranti nello statuto o elargire retribuzioni elevate".

L’associazione raccoglie cani da associazioni animaliste, organizzazioni per la protezione degli animali o persone attive nella protezione degli animali dall’estero europeo (in particolare dall’Ungheria) e li distribuisce a centri di accoglienza o proprietari di cani in Germania. Il campo di attività della ricorrente si estende anche al garantire cure veterinarie sufficienti per gli animali raccolti, quali vaccinazioni, raccolta e alimentazione di randagi, trasporto e supporto degli accompagnatori durante i viaggi. L'associazione è supportata dai contributi dei soci e da donazioni. Per la consegna di cani, dal 2007, è stata introdotta una richiesta di euro 250,00.; attualmente tale contributo è di circa euro 270,00 laddove, per i cani difficilmente collocabili, questo contributo viene annullato o ridotto, secondo il caso. La ricorrente stipula contratti di tutela per cane consegnato che conferiscono un diritto di affidamento ma non di proprietà. I cani vengono consegnati ai nuovi proprietari mediante trasporti collettivi ai vari luoghi di residenza. Secondo quanto indicato sul sito internet della ricorrente, il numero di cani consegnati al 16 agosto 2011 è stato di 1617 cani, mentre quelli ancora da affidare sono 484 cani.

Il 7 gennaio 2009, la convenuta ha scritto circolare alle autorità veterinarie della circoscrizione e delle città dello Schleswig-Holstein segnalando che la raccolta autorizzata / importazione di animali domestici in Germania non rientra nelle condizioni facilitate del regolamento (CE) n. 998/2003 ma nelle regolamentazioni più rigide delle norme sul COMMERCIO DI ANIMALI

Le norme facilitate possono essere applicate solo ad animali di provenienza nota con stato di salute noto e solo alle persone fisiche. Inoltre, è da applicare l’obbligo di segnalazione e di registrazione ai sensi dell’§ 4 B,TierSchV. Il trasporto di cuccioli non vaccinati dai paesi UE è ammesso solo nell'ambito di viaggi turistici mentre, dati gli scopi indicati, è concesso solo il trasporto di cani con antirabbica valida. Nei trasporti collettivi della ricorrente, sarebbero stati trasportati 39 cani dall’Ungheria alla Germania e almeno 1 cane di questi non era in regola con le vaccinazioni e in buone condizioni di salute.

In riferimento alla circolare, la ricorrente, con lettera dell’avvocato del 19 gennaio 2009,  ha chiesto alla convenuta di confermare che le norme commerciali non erano applicabili alla fattispecie. La motivazione era che le norme ritenute applicabili secondo il parere della convenuta presuppongono un commercio professionale, il quale non sussiste nella fattispecie, trattandosi di associazione no-profit con perdite annuali coperte dai contributi e dalle donazioni dei soci.

La convenuta, con lettera del 3 febbraio 2010, rispondeva alla ricorrente che l’attività della ricorrente era costituita da importazione di animali dall’estero alla Germania a scopo di cessione a terzi dietro il pagamento di un prezzo e pertanto, indipendentemente dal fatto che vi fosse scopo di lucro, doveva essere considerata come attività commerciale. Si trattava di un’offerta in concorrenza con altre attività che perseguivano lo stesso scopo. La ricorrente importava miratamente animali per la loro cessione (dietro compenso) a terzi offrendo quindi merci su un determinato mercato. Questa attività non differisce da quella di allevatore o commerciante che sono indubbiamente attività commerciali, perché si tratta di approvvigionamento (acquisto o allevamento) di animali e la loro cessione dietro compenso (vendita, commercio). Inoltre la ricorrente è soggetta a un obbligo di autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSschG. Il concetto di “professionale” non modifica nulla perché il diritto europeo considera come trasferimento anche la mera offerta di una merce o di un servizio. L’utilizzo del criterio di scopo di lucro ha puro carattere dichiarativoPoiché è applicabile il regolamento (CE) n. 1/2005, l’azienda di trasporti deve essere autorizzata e il conducente e gli accompagnatori devono disporre delle conoscenze necessarie.

La ricorrente ha presentato opposizione in data 8 marzo 2010.

[omissis]

La ricorrente non è obbligata a richiedere un'autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG perché non è ancora stato emesso parere dal tribunale supremo e quindi la situazione giuridica non è chiara. Per questo motivo, non è obbligata ad osservare il regolamento (CE) n. 1/2005 e adempiere all’obbligo di segnalazione e registrazione ai sensi dell’§ 4 BmTierSSchV. All’obbligo di registrazione sono collegati ulteriori obblighi, in particolare relativi all’§ 5 BmTierSSchV. Poiché la violazione alle leggi citate dalla convenuta sono punibili con sanzioni amministrative, si sarebbe in presenza di un interesse personale all’accertamento. Essa ha segnalato la sua attività ai sensi dell’§ 4 BmTierSSchV per poter continuare a svolgerla. La segnalazione non è stata effettuata alle autorità competenti e non è stato assegnato un numero di registrazione. La registrazione non è obbligatoria se l'§ 4 BmTierSSchV non è pertinente e data la non sussistenza dell’attività commerciale e per assenza dello scopo di lucro l’attività non è soggetta ad autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG.

Il regolamento (CE) N. 1/2005 non si applica al trasporto di animali non condotto in collegamento a un'attività commerciale. Secondo il concetto giuridico EhGH espresso dalla convenuta secondo il quale il concetto di azienda richiederebbe un’attività commerciale, ai sensi delle leggi sulle sovvenzioni dell’art. 87 e seg. EGV, secondo le quali il concetto di azienda implica un’attività commerciale, secondo tali leggi un’attività commerciale sarebbe qualsiasi attività che consiste nell’offrire merci o servizi su un determinato mercato. Questa definizione si riferisce al concetto di attività commerciale nell'ambito delle leggi sulle sovvenzioni e non può essere trasferito indistintamente e senza differenziazione al concetto di attività commerciale. Inoltre, un’attività commerciale, anche secondo l’intendimento dell’EuGH sulle leggi sulle sovvenzioni, implica che l’azienda opera a fini di lucro. Le associazioni caritatevoli non rientrano in questo concetto. Lo scopo di lucro viene perseguito solo se viene perseguito un reddito a beneficio diretto dei soci o dei membri.
[…]

Non è dato neanche il commercio professionale di animali ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG perché non sussiste commercio poiché questo presupporrebbe l’acquisto di merci e la loro successiva vendita. La ricorrente non acquista cani per venderli. Anche in riferimento a questa norma di legge manca il requisito dello scopo di lucro. L’§ 11 TierSchG è un articolo di legge nazionale e quindi le sue caratteristiche non possono essere applicate alla versione europea.

La ricorrente chiede di

stabilire che al trasporto o all’ordine di trasporto all’interno dell’Unione europea di cani in Germania e la loro intermediazione a ricoveri o proprietari di cani non vengano applicate le leggi sul commercio di animali o sul trasporto a fini commerciali o sul trasporto di animali in connessione a un’attività commerciale di cui al regolamento (CE) 1/2005 e § 4 della legge sulla protezione dalle epidemie animali (BmTierSSchV)

nonché

di stabilire che il trasportare o il far trasportare cani all’interno dell’Unione europea e la loro intermediazione da parte della ricorrente a ricoveri o proprietari di cani in Germania non richiede autorizzazione ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG.

La convenuta chiede

di respingere il ricorso

con la motivazione che la ricorrente ha segnalato la propria attività ai sensi dell’§ 4 BmTierSSchV alle autorità competenti. Il ricorso non è ammissibile perché la ricorrente non può rivendicare il fatto di non essere soggetta all’osservanza degli obblighi di cui all’§ 4 BmTierSSchV.

Dopo essersi verificate divergenze sui cani trasportati, la convenuta ha informato la ricorrente che alla stessa non sono applicabili le norme agevolate per l’importazioni di cani ai sensi del regolamento (CE) n. 998/2003, ma quelle più rigide per il traffico commerciale. Un’attività commerciale ai sensi dell’art. 1 cpv. 5 del regolamento (CE) n. 1/2005 non presuppone che un’azienda operi a scopo di acquisto. Si è data maggiore importanza al fatto che l'offerta è in concorrenza con le altre associazioni presenti sul mercato che perseguono lo stesso scopo. In questo caso, è irrilevante che le merci vengano offerte a scopo di lucro o meno. La ricorrente è in concorrenza con altri offerenti sul mercato, perlomeno il contributo richiesto presenta circa lo stesso importo, dato di fatto pubblicato su Internet o nelle inserzioni private.

Ai sensi dell’§ 4 BmTierSchV, anche solo l’ambito della cessione di animali conferma l'attività professionale. La ricorrente contesta affermando che il contributo non copre le spese sostenute per i cani. Secondo quanto indicato dalla ricorrente relativamente alla propria pagina Internet, il denaro serve per supportare progetti in Ungheria. Questi possono essere realizzati solo se la ricorrente ottiene un guadagnoPer lo scopo di lucro è sufficiente il perseguimento di uno scopo umanitario con un surplus. La situazione finanziaria effettiva della ricorrente è irrilevante ai fini della valutazione dell'esistenza dello scopo di lucro. La registrazione è stata effettuata perché la ricorrente opera professionalmente. Anche se non si supponesse un’attività professionale, l’attività sarebbe regolata comunque dalla BmTierSSchV. Ai sensi dell’art. 1 del regolamento UR n. 388/2010 i requisiti e i controlli ai sensi dell’art. 12 cpv. 1 b) del regolamento (CE) n. 998/2003 per il trasporto degli animali domestici elencati nell'allegato I parti A e B si applicano per il numero totale di animali trasportati da uno stato membro o un paese elencato nell'allegato II parte B sezione B del regolamento citato. La ricorrente ha sempre importato più di cinque cani in Germania.

L’attività della ricorrente è commercio ai sensi dell’§ 11 cpv. 1 pag. 1 n. 3 b) TierSchG. L’obbligo di autorizzazione si estende anche sulle persone che fanno intermediazione con cani stranieri e li collocano direttamente presso proprietari tedeschi. 
Di base, è problematico definire la professionalità nell'ambito della protezione degli animali e della lotta alle epidemie degli animali dallo scopo di lucro. Attualmente, si parla a livello federale di introdurre un concetto di "professionale" orientato al concetto e al fine della legge sulla protezione degli animali e sulla prevenzione delle epidemie animali e anziché lo scopo di lucro un’attività ricompensata.

Per gli ulteriori dettagli della causa e le testimonianze delle parti in causa, fare riferimento agli atti processuali e ai ricorsi dei rispettivi avvocati.

 MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA

Il ricorso è ammesso.


Alma Galli