C'era una volta, là/ dalle parti di Chissà,/ il paese dei bugiardi./ In quel paese nessuno/ diceva la verità,/ non chiamavano col suo nome/ nemmeno la cicoria:/ la bugia era obbligatoria./ Quando spuntava il sole/ c'era subito uno pronto/ a dire: "Che bel tramonto!"/ Di sera, se la luna/ faceva più chiaro/ di un faro,/ si lagnava la gente:/ "Ohibò, che notte bruna,/ non ci si vede niente"./ Se ridevi ti compativano:/ "Poveraccio, peccato,/ che gli sarà mai capitato/ di male?"/ Se piangevi: "Che tipo originale,/ sempre allegro, sempre in festa./ Deve avere i milioni nella testa"./ Chiamavano acqua il vino,/ seggiola il tavolino/ e tutte le parole/ le rovesciavano per benino./ Fare diverso non era permesso,/ ma c'erano tanto abituati/ che si capivano lo stesso. / Un giorno in quel paese/ capitò un povero ometto/ che il codice dei bugiardi/ non l'aveva mai letto,/ e senza tanti riguardi/ se ne andava intorno/ chiamando giorno il giorno/ e pera la pera,/ e non diceva una parola/ che non fosse vera. / Dall'oggi al domani/ lo fecero pigliare/ dall'acchiappacani/ e chiudere al manicomio./ "E' matto da legare:/ dice sempre la verità"./ "Ma no, ma via, ma và ..."/ "Parola d'onore:/ è un caso interessante,/ verranno da distante/ cinquecento e un professore/ per studiargli il cervello ..."/ La strana malattia/ fu descritta in trentatre puntate/ sulla "Gazzetta della bugia"./ Infine per contentare/ la curiosità popolare/ l'Uomo-che-diceva-la-verità/ fu esposto a pagamento/ nel "giardino zoo-illogico"/ (anche quel nome avevano rovesciato ...)/ in una gabbia di cemento armato./ Figurarsi la ressa./ Ma questo non interessa./ Cosa più sbalorditiva,/ la malattia si rivelò infettiva, / e un po' alla volta in tutta la città/ si diffuse il bacillo/ della verità./ Dottori, poliziotti, autorità/ tentarono il possibile/ per frenare l'epidemia./ Macché, niente da fare./ Dal più vecchio al più piccolino/ la gente ormai diceva/ pane al pane, vino al vino,/ bianco al bianco, nero al nero:/ liberò il prigioniero,/ lo elesse presidente,/ e chi non mi crede/ non ha capito niente.


(Gianni Rodari, Il paese dei bugiardi, Le favole a rovescio).

sabato 22 giugno 2013

GERMANIA: TRIBUNALE VIETA COMMERCIO DI CANI PROPOSTO COME PROTEZIONE ANIMALI

Nonostante precedenti sentenze in Germania (qui) e (qui) capire evidentemente risulta molto difficile. Continuano con la solita storia che non hanno utile, propongo una colletta per sostenerli......

Tribunale amministrativo di Coblenza: vietato il commercio con i cani dei Balcani (qui)

Coblenza (VG) – A una tenutaria di cani che agiva da intermediatrice di cani per un’associazione per la protezione degli animali croata, è stato vietato il commercio professionale di cani. Lo ha deciso il Tribunale amministrativo di Coblenza.  
La ricorrente, che nel suo appartamento tiene da 4 a 8 cani di proprietà, nel 2010 e nel 2011 è stata sottoposta a controlli della autorità veterinarie della provincia di Ahrweiler che hanno accertato che la stessa teneva fino a ulteriori 14 cani provenienti dalla Slovacchia, dalla Croazia e dalla Romania.  In seguito a tali accertamenti, le autorità le hanno imposto divieto di commercio professionale di cani. Le autorità hanno motivato la sentenza perché la ricorrente, solo nel luglio 2010, ha offerto 39 cani a prezzi che si aggiravano dai 150 ai 350 euro in un portale di inserzioni online. Si presuppone quindi un commercio professionale di cani, per il quale la ricorrente non dispone di autorizzazione. La ricorrente ha proposto opposizione al divieto con efficacia immediata e una richiesta di provvedimento urgente (si veda comunicato stampa n. 38/2011) adducendo che, data la mancanza dello scopo di lucro, la stessa non agirebbe professionalmente e i prezzi richiesti sarebbero a copertura delle spese veterinarie e generiche.
Il tribunale amministrativo ha respinto tale ricorso perché, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la sua attività si configura come commercio professionale soggetto ad autorizzazione ai sensi della legge per la protezione degli animali, dato anche il numero di cani proposti per la vendita. I prezzi richiesti dalla ricorrente sono in linea con quelli richiesti nelle inserzioni su Internet e nei giornali per cani simili. La ricorrente non è riuscita a dimostrare credibilmente che il guadagno proveniente dalla vendita degli animali servisse semplicemente a coprire i costi.  L’ammontare dei guadagni ottenuti dai cani prelevati in Croazia non è chiaro. Inoltre, la ricorrente non è riuscita a dimostrare il legame fra gli 11.000 euro per spese di veterinario e alloggio nel periodo dal gennaio 2011 al febbraio 2012 e la sua attività di vendita.  Rimane anche non chiaro quanti e quali cani la ricorrente abbia tenuto oltre a quelli di proprietà, e quale quota delle spese sia riferita ai cani di proprietà anziché ai cani destinati alla vendita.  Questi dubbi si ripercuotono negativamente sulla valutazione della ricorrente e sono indizi di attività di commercio professionale soggetta ad autorizzazione.

È possibile proporre opposizione a questa sentenza presso la Corte di Appello del Rheinland-Pfalz.
(Tribunale amministrativo di Coblenza, sentenza del 29 maggio 2013, 2 K 1036/12.KO)

Alma Galli M.A.R.E.

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