C'era una volta, là/ dalle parti di Chissà,/ il paese dei bugiardi./ In quel paese nessuno/ diceva la verità,/ non chiamavano col suo nome/ nemmeno la cicoria:/ la bugia era obbligatoria./ Quando spuntava il sole/ c'era subito uno pronto/ a dire: "Che bel tramonto!"/ Di sera, se la luna/ faceva più chiaro/ di un faro,/ si lagnava la gente:/ "Ohibò, che notte bruna,/ non ci si vede niente"./ Se ridevi ti compativano:/ "Poveraccio, peccato,/ che gli sarà mai capitato/ di male?"/ Se piangevi: "Che tipo originale,/ sempre allegro, sempre in festa./ Deve avere i milioni nella testa"./ Chiamavano acqua il vino,/ seggiola il tavolino/ e tutte le parole/ le rovesciavano per benino./ Fare diverso non era permesso,/ ma c'erano tanto abituati/ che si capivano lo stesso. / Un giorno in quel paese/ capitò un povero ometto/ che il codice dei bugiardi/ non l'aveva mai letto,/ e senza tanti riguardi/ se ne andava intorno/ chiamando giorno il giorno/ e pera la pera,/ e non diceva una parola/ che non fosse vera. / Dall'oggi al domani/ lo fecero pigliare/ dall'acchiappacani/ e chiudere al manicomio./ "E' matto da legare:/ dice sempre la verità"./ "Ma no, ma via, ma và ..."/ "Parola d'onore:/ è un caso interessante,/ verranno da distante/ cinquecento e un professore/ per studiargli il cervello ..."/ La strana malattia/ fu descritta in trentatre puntate/ sulla "Gazzetta della bugia"./ Infine per contentare/ la curiosità popolare/ l'Uomo-che-diceva-la-verità/ fu esposto a pagamento/ nel "giardino zoo-illogico"/ (anche quel nome avevano rovesciato ...)/ in una gabbia di cemento armato./ Figurarsi la ressa./ Ma questo non interessa./ Cosa più sbalorditiva,/ la malattia si rivelò infettiva, / e un po' alla volta in tutta la città/ si diffuse il bacillo/ della verità./ Dottori, poliziotti, autorità/ tentarono il possibile/ per frenare l'epidemia./ Macché, niente da fare./ Dal più vecchio al più piccolino/ la gente ormai diceva/ pane al pane, vino al vino,/ bianco al bianco, nero al nero:/ liberò il prigioniero,/ lo elesse presidente,/ e chi non mi crede/ non ha capito niente.


(Gianni Rodari, Il paese dei bugiardi, Le favole a rovescio).

lunedì 28 dicembre 2015

Trasporti di animali nell'UE ad opera di associazioni no-profit

Vade retro Satana:Alla carità "animalista"che movimenta cani e gatti con trasporti transfrontalieri, non piace rientrare nella categoria del commercio poichè questo implica trasparenza e doveri. Tra questi due elementi molto temuti: il registro degli imprenditori (i responsabili) ed un libro delle consegne della merce (che in quanto tale, deve essere tracciabile. Il che in altri termini significa,registrare e documentare a chi e quando sono venduti cani e gatti).  Questo implica la possibilità di controlli su quanti cani e gatti siano movimentati dalla sig.ra/sig. X, cosa antipatica per le tasse da pagare; ed in quali condizioni di salute gli stessi siano trasportati, quindi può diventare difficile o negata la movimentazione di cani e gatti malati, tanto utili per le questue come per la ricerca/vivisezione. (Ovviamente questo divieto non varrebbe per i cani e i gatti senza malattie trasmissibili, ed ugualmente esposti ai pericoli suddetti, poichè l'ultima direttiva dell'UE sulla vivisezione, consente l'uso dei randagi nei modi più biechi.)
Nella foto un carico di cani italiani. Il camion uno dei tanti invisibili, che da decenni attraversano le strade italiane senza mai alcun problema.
Di seguito la risposta dell'UE alla questione

La Corte di Giustizia Europea ha pubblicato la propria sentenza sulla questione se i trasporti transfrontalieri di cani svolti da associazioni no-profit per protezione per gli animali allo scopo di intermediazione e affido di questi cani a privati ai sensi del regolamento UE n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e ai sensi della direttiva UE 90/425 sui controlli veterinari e sugli allevamenti, rientrino nel concetto di commercio comunitario di animali vivi.
La Corte amministrativa tedesca BVerwG deve risolvere una controversia fra l’associazione per la protezione degli animali “Pfotenhilfe-Ungarn” e il Ministero per l’energia, l’agricoltura e l'ambiente del Land Schleswig-Holstein sulla decisione di quest’ultimo di applicare gli obblighi di segnalazione e di registrazione previsti dalle leggi nazionali sulla salute degli animali a un trasporto transfrontaliero di cani svolto da Pfotenhilfe-Ungarn. Questa associazione offre sulla propria pagina Internet l’affido di cani randagi provenienti prevalentemente da strutture per la protezione degli animali ungheresi. Se una persona desidera adottare un cane, Pfotenhilfe-Ungarn stipula con essa un cosiddetto "contratto di tutela” con il quale la persona si impegna a tenere il cane in buone condizioni e a versare un importo che si aggira sui 270 euro. Dopo la stipula del contratto, i cani vengono portati in Germania dai membri dell’associazione e consegnati alle persone che si erano dichiarate disposte all’adozione. Non ha luogo un passaggio di proprietà a queste persone e in caso di violazione del “contratto di tutela” Pfotenhilfe-Ungarn può esercitare un diritto di recesso. L’associazione, secondo quanto indicato dalla stessa, negli anni dal 2007 al 2012, ha dato in affido più di 2.000 cani.
Il 29.12.2009, Pfotenhilfe-Ungarn ha trasportato dall’Ungheria alla Germania 39 cani. Poiché sono insorti dubbi sullo stato di salute e delle vaccinazioni di uno di questi cani, il Ministero ha emesso una circolare alle autorità veterinarie competenti di controllare tutti i cani di questo trasporto con la motivazione che Pfotenhilfe-Ungarn non poteva applicare le condizioni veterinarie del trasporto di animali domestici non a scopo di commercio stabilite dalla direttiva n. 998/2003, perché il trasporto e l’affido di questi animali si configura come attività commerciale.  Sono quindi da applicare gli articoli del regolamento n. 1/2005 e Pfotenhilfe-Ungarn deve conformarsi alle legislazione nazionale in materia di sanità animali e, in particolare, agli obblighi di segnalazione e di registrazione disposti dall’§ 4 BmTierSSchV.
Il ricorso presentato da Pfotenhilfe-Ungarn è stato respinto dal Tribunale amministrativo. L’alto tribunale amministrativo ha quindi respinto l’opposizione a questa sentenza presentata da Pfotenhilfe-Ungarn. In seguito, l’associazione ha richiesto revisione della sentenza alla corte amministrativa tedesca.
La Corte di Giustizia Europea ha risposto come segue alla Corte Amministrativa Tedesca:
1Il concetto di “attività commerciale” ai sensi del regolamento UE n. 1/2005 sulla tutela degli animali durante il trasporto comprende un’attività equiparabile a quella esaminata nella procedura di partenza, vale a dire un’associazione no profit trasporta cani randagi da uno stato membro all’altro, al fine di affidarli a persone che si sono impegnate a rilevarli dietro il pagamento di un importo che fondamentalmente serve a coprire le spese sostenute dall’associazione.
2. Il concetto di imprenditore che svolge un commercio all’interno della comunità europea, ai sensi della direttiva 90/425 sulla regolamentazione dei controlli veterinari e degli allevamenti nel commercio intra-comunitario di animali vivi, comprende, fra l'altro, un'associazione no profit che trasporta cani randagi da uno stato membro all'altro al fine di affidarli a persone che si sono impegnate a rilevarli dietro il pagamento di un importo che fondamentalmente serve a coprire le spese sostenute dall'associazione.
Il regolamento n. 1/2005 stabilisce che la direttiva non è invece applicabile al trasporto di animali che non sono collegati a un’attività commerciale. Con la prima questione, la corte amministrativa tedesca ha inteso chiarire se per questi motivi fosse possibile escludere l’applicazione del regolamento al caso in questione.
La Corte di giustizia europea ha stabilito che per l’esistenza di un’attività commerciale non è necessario che questa venga esercitata allo scopo di ottenere un profitto. Ne consegue che un’attività come quella esaminata nella procedura di partenza, nella quale un’associazione no profit trasporta regolarmente grandi numeri di animali a persone private, per affidarli loro sulla base di un contratto che prevede, fra l’altro il pagamento di un importo all’associazione,viene svolta come attività commerciale ai sensi del regolamento anche se l’associazione non intende ottenere o non consegue un guadagno.
La direttiva 90/425 prevede fra l’altro che tutti gli imprenditori che svolgono un commercio intra-comunitario degli animali contemplati da questa direttiva, hanno l’obbligo di registrarsi preventivamente in un registro pubblico tenuto dalle autorità competenti e di tenere un libro delle consegne. Il registro pubblico degli imprenditori e la tenuta del libro delle consegne consentono alle autorità competenti, allo stato di origine e a quello di destinazione di svolgere controlli veterinari a campione, necessari per l'ottenimento degli obiettivi di questa direttiva.
Inoltre, la seconda questione affrontata dal tribunale amministrativo tedesco era volta a chiarire i presupposti, ai sensi della direttiva, per i quali una persona può essere qualificata imprenditore che svolge commercio intra-comunitario. Non sussiste alcun dubbio che Pfotenhilfe-Ungarn svolga commercio intra-comunitario. Non è tuttavia indubbio se questa associazione possa essere qualificata “azienda” o meno.
Secondo l’interpretazione della Corte di giustizia europea, la controversia di partenza ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 90/425. In particolare, non si può partire dal presupposto che ad un'attività come l'intermediazione svolta da "Pfotenhilfe Ungarn" manchi il requisito dell’attività commerciale stabilito dalla direttiva.
Il concetto di imprenditore non è rappresentato dal requisito degli obblighi di registrazione e di tenuta dei libri perché il criterio rilevante si collega alle attività che l’imprenditore svolge, in questo caso al “commercio intra-comunitario”.
Questa sentenza è stata pubblicata in data 21 dicembre u.s. qui
 Alma Galli M.A.R.E.

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