Da tempo si batte, non senza subirne pesanti conseguenze, per una reale tutela degli animali, denunciando verità spesso censurate dai molti che hanno interessi personali ben lontani dalla protezione animali, pur definendosi in modo assolutamente arbitrario quanto inappropriato "animalisti".
Quanto segue dovrebbe far riflettere chi parla di Paesi come Germania, Austria, Svizzera ecc. quali paradisi dove è legittimo deportare e vendere i nostri randagi, a chi non è mai dato sapere.
Come onesti cittadini italiani, non ci viene infatti riconosciuto alcun diritto in merito all'informazione sul reale destino dei disgraziati deportati, noi dobbiamo pagare per mantenere il sistema che dovrebbe avere il compito di garantire nel rispetto delle nostre leggi, la tutela dei cani e dei gatti randagi. Dobbiamo pagare e basta. Pagare senza fiatare, per cure e mantenimento per il tempo di permanenza in una struttura, pagare per sterilizzazione, vaccinazione, analisi fatte per prepararli alla deportazione, cedendoli poi a chi reiteratamente da anni ci diffama. Naturalmente dobbiamo essere anche felici e grati della qualifica di maltrattatori accaniti, mafiosi, bisognosi dell'altrui carità, e gioire della vendita delle vittime il cui guadagno và direttamente nelle tasche dei "salvatori".
La logica in questo percorso dov'è?Perchè mai il denaro della vendita non viene dato a chi in Italia ha sostenuto tutte le spese? Perchè non dobbiamo sapere a chi siano ceduti i nostri animali? Sono deportati e venduti molti animali malati, vecchi e/o con gravi patologie, che fine fanno? Chi autorizza la deportazione di animali sofferenti? Perchè i soldi dei cittadini italiani che dovrebbero servire a salvare dalla sofferenza, servono invece a nutrire un simile mercato?Perchè come cittadini italiani non abbiamo alcun diritto d'informazione?
LA TRASPARENZA DOV'E'? EUTANASIA ANCHE PER LEI COME PER GLI ANIMALI DELLE DENUNCE CHE SEGUONO?
Uwe Holtz,
osservatrice e critica delle attività dell'associazione animalista di Moers, a
metà mese ha riportato su Facebook i fatti riguardanti due eutanasie di questa associazione, che
ci lasciano allibiti.
Gatto di proprietà chippato, soppresso
Holtz
dispone della documentazione sui casi riportati. L’associazione stessa non ne
fa mistero.
Il
primo caso riportato da Holtz si è verificato nel novembre 2008 e non è
imputabile alla dirigenza dell’associazione: una proprietaria preoccupata ha
portato un gatto trovatello al rifugio. Il gatto è stato soppresso già il
giorno seguente per sospetto di FIP. I controlli preliminari sono stati
talmente “attenti” che non è neanche stato rilevato e letto il chip.
Shit happens?
I
proprietari del gatto hanno appreso del triste destino del loro amato ma non
sono riusciti ad avere una posizione del presidente dell’associazione fino al
gennaio 2009 su quanto era incredibilmente successo. Non nega l'eutanasia ma
mormora parole del tipo “shit happens“ e promette, per il futuro di “evitare questi
errori o almeno minimizzarli”. Minimizzarli?
Il
presidente dell’associazione contatta i proprietari del gatto offrendo loro “un
altro gattino”, con una facilitazione: “Ve lo diamo gratuitamente”.
Un Getöteter Kleinterrier steht
nicht gut zu Gesicht
DerWesten 2009 riporta di un altro gatto
tenuto a pensione, non sopravvissuto al rifugio di Moers.
Dalla
fine del 2012, la morte di Willie ha causato parecchie critiche al rifugio
di Moers. Willie è stato soppresso(ucciso) nonostante l’esistenza di un’offerta di
adozione dopo aver morsicato la coda a un bassotto che passava dalla sua
gabbia. Holtz descrive i fatti sulla sua pagina Facebook.
Il
giornale locale Rheinische Post riporta
questa uccisione e la conseguente denuncia penale.
Il
nuovo presidente dell’associazione si riserva di commentare questa prova di
incapacità. L’ammissione riportata da rp riporta: un tale
incidente non è favorevole all'immagine di un'associazione animalista, dichiara
Paßlack al giornale.
Uwe
Holtz commenta così:Ha ragione Rolf-P. P. ad affermare che
un tale fatto non è favorevole all’immagine di un’associazione animalista.
Particolarmente non è favorevole al povero Willie. Perché Willie ora è morto.
Quali amici degli animali ci si sarebbe aspettati una spiegazione o delle scuse, che però non sono arrivate.
Nella traduzione che segue ho preferito il termine uccisione a quello di soppressione, per come sono denunciati i fatti.
Aua 945: Veterinari che insegnano a uccidere nei rifugi per
animali randagi
Alla presente redazione è nota una denuncia penale contro un
rifugio per animali randagi del quale non può essere comunicato il nome. Le
prove allegate alla denuncia e le testimonianze sono sufficientemente
sostanziali da consentire una nostra comunicazione in merito.
[…]
DN riporta questo caso perché non è un caso isolato! […]
L’eutanasia, anche di animali sani, non è nè l’ultima nè la necessaria soluzione ma si
preferisce buttarsi a capofitto nella prossima "azione di
salvataggio" senza senso. Anche rifugi appartenenti al Deutschen
Tierschutzbundes e.V. (associazione animalista tedesca) sarebbero coinvolti
in importazioni illegali di gatti dalla Francia.
Anche la Aua 944 e i casi riportati rendono chiaro che
l’eutanasia di animali sani nei rifugi tedeschi non è possibile, nella
maggioranza dei casi, senza l’intervento di un veterinario. E ciò che rende
tanto spettacolari i casi citati è proprio la partecipazione di un veterinario.
Con riserva della limitazione che i dati presenti nella
denuncia penale in nostro possesso siano esatti, un'altra caratteristica di
queste uccisioni sembra essere il commercio comunitario di diverse associazioni
coinvolte. È spaventoso il numero di persone coinvolte, anche se si tratta per
lo più di dipendenti. La paura di perdere un posto di lavoro può forse essere
un'argomentazione a discolpa?
T61 è un farmaco per l’eutanasia rifiutato dalla maggior parte degli animalisti e dei veterinari (Aua128). Nel caso in questione, questo farmaco è stato consegnato al gestore di un rifugio per randagi. In precedenza, il veterinario responsabile ha mostrato ai dipendenti come sopprimere (uccidere) i gatti.
Perché chiunque abbia voglia di uccidere abbia libero accesso a questo farmaco, questo viene conservato in un armadio della cucina.
La prima uccisione non svolta e non controllata dal veterinario da parte di un dipendente, come riporta la denuncia penale, non ha avuto un esito positivo: „[…] l’animale è arrivato alla morte soffrendo pene d’inferno“.
Post-it per le uccisioni in ufficio
La denuncia penale riporta che, nell’agosto 2012, il veterinario summenzionato ha consegnato all’esercente del rifugio un ulteriore mezzo di eutanasia. L’esercente ha poi comunicato ai propri dipendenti che lo avrebbe tenuto in casa. Questo mezzo è stato successivamente utilizzato per l'uccisione di un cucciolo di gatto.
Perché l’uccisione di animali non venga dimenticata nel tran tran quotidiano, la denuncia penale riporta di un post-it nell’ufficio dell’esercente di uccidere il gatto Sowieso mercoledì ore 9.
La denuncia penale è stata spedita in copia all’ordine provinciale dei veterinari, all’associazione federale dei veterinari e all’associazione veterinaria per la protezione degli animali. Bene, bene. Però finché la procura non procede all’accusa e non è disponibile la sentenza, queste associazioni potranno fare ben poco.
Ciò che preoccupa maggiormente gli animalisti che hanno reso pubblici tali eventi, è il fatto che il rifugio è sovvenzionato da un comune e che altri comuni desiderano collaborare con questo rifugio assassino.
Questa preoccupazione rimane perché, per motivi giuridici, fino a quando non è stata pubblicata sentenza, questa accusa non può essere pubblicata.
Alma Galli
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